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Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.
Troppo spesso si scambia il “sentiero” professionale per la propria realizzazione e si fanno coincidere
tutte le nostre aspettative con la sola realizzazione professionale. Così che, quando le mete
professionali cambiano anche per motivi diversi ed indipendenti dalla nostra volontà (come
nell’attuale mercato del lavoro), entriamo in crisi.
Il sentiero, in realtà, seppur con tutte le sue normali o impreviste deviazioni, dovrebbe essere quello
verso il nostro benessere, il nostro stare, non solo come lavoratori ma come persone, con noi stessi.
E le aziende dovrebbero sostenere costantemente i loro dipendenti e collaboratori nella ricerca del
livello di benessere individuale, supportandoli direttamente o spingendoli ad attivare tutti i
momenti di conoscenza di sé e poi di cura di sé utili in questa direzione. Dovrebbero aiutare le
proprie risorse umane a mettere anche al centro del lavoro le proprie vocazioni ed i propri talenti,
perché ciò vorrebbe e potrebbe dire metterli a disposizione dell’azienda stessa. Una ricchezza
enorme, a portata di mano, ma spesso sottovalutata in nome del rispetto di regole e meccanismi
rigidi che spingono verso l’omologazione e l’appiattimento della performance.
Se mi conosco, conosco i miei limiti ma anche la mia forza, mi posso differenziare e offrire all’azienda
il miglior contributo possibile.
Via dunque a tutto quello che è formazione, formale e informale, e che aiuti a indagare e mettere
alla prova potenzialità, caratteristiche, competenze, attitudini. Via a tutto quello che consente
flessibilità e che allo stesso tempo spinge in alto la tensione al risultato, il senso di appartenenza al
gruppo, la responsabilità individuale. L’azienda deve promuovere le singole identità, accoglierle
nelle loro necessità e puntare chiaro verso un obiettivo in cui tutti si sentano compresi e a cui si
sentano di poter portare un contributo differenziale che è dato dalla propria unicità. Realizzando
all’interno attività per i propri dipendenti o comunque sostenendone la partecipazione attraverso
benefits, incentivi, flessibilità oraria.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Se dunque l’obiettivo è creare condizioni che favoriscano il benessere individuale e
conseguentemente collettivo, allora la mindfulness può dare un grosso aiuto in questa direzione,
perché indubbiamente è tra le pratiche meditative che più aiutano a centrarsi su quello che oggi
può farti stare bene. La sua pratica costante consente di portare la consapevolezza sull’oggi,
allontanando dubbi e sensi di colpa sul passato e paure verso il futuro. Ed è questa stessa
consapevolezza della preziosità dell’oggi, dell’essere qui ed ora che ti aiuta ad accogliere ogni
cambiamento come evento normale della nostra vita, che ti guida anche in porti sconosciuti. E ti
rende meno suscettibile alle “aggressioni” esterne (fraintendimenti incomprensioni giudizi ….)
perché funziona da timone delle nostre emozioni, positive e negative. Se imparassimo a arrabbiarci
meno e a collaborare di più….
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
In questo senso l’alleanza verso i soggetti più giovani, che devono affrontare il fondamentale
cambiamento dell’ingresso nel mercato del lavoro, dovrebbe essere un’alleanza educativa.
Famiglie, scuole, aziende, associazioni sportive tutti dovrebbero in modo univoco spingere verso lo
sviluppo delle così dette competenze sociali che poi ci si aspetta che i ns giovani posseggano al
momento dell’ingresso nel mercato del lavoro. Ma per definizione una competenza è tale quando
è stata già ampiamente esperita, provata, consolidata, acquisita. Dunque famiglia, scuola, sport
dovrebbero mettere in atto, in questa alleanza educativa con le aziende, tutti le situazioni
esperenziali utili ai nostri ragazzi per conoscersi, mettersi alla prova, interagire in gruppi di lavoro,
portare avanti responsabilmente obiettivi e progetti cooperando con i propri simili.
Dalla distribuzione di compiti in casa, passando per laboratori pratici a scuola, per gare sportive, per
gruppi di teatro, piuttosto che dalla lezione autogestita o dal corso di yoga, solo per fare alcuni
semplici esempi, tutto dovrebbe tendere allo sviluppo di queste competenze sociali, ma un attimo
prima che i ragazzi entrino in azienda. In azienda poi avranno da perfezionare, da specializzarsi, da
migliorare. Ma a diventare adulti sociali dovrebbero imparare prima grazie proprio a questa alleanza
educativa.
tutte le nostre aspettative con la sola realizzazione professionale. Così che, quando le mete
professionali cambiano anche per motivi diversi ed indipendenti dalla nostra volontà (come
nell’attuale mercato del lavoro), entriamo in crisi.
verso il nostro benessere, il nostro stare, non solo come lavoratori ma come persone, con noi stessi.
E le aziende dovrebbero sostenere costantemente i loro dipendenti e collaboratori nella ricerca del
livello di benessere individuale, supportandoli direttamente o spingendoli ad attivare tutti i
momenti di conoscenza di sé e poi di cura di sé utili in questa direzione. Dovrebbero aiutare le
proprie risorse umane a mettere anche al centro del lavoro le proprie vocazioni ed i propri talenti,
perché ciò vorrebbe e potrebbe dire metterli a disposizione dell’azienda stessa. Una ricchezza
enorme, a portata di mano, ma spesso sottovalutata in nome del rispetto di regole e meccanismi
rigidi che spingono verso l’omologazione e l’appiattimento della performance.
Se mi conosco, conosco i miei limiti ma anche la mia forza, mi posso differenziare e offrire all’azienda
il miglior contributo possibile.
alla prova potenzialità, caratteristiche, competenze, attitudini. Via a tutto quello che consente
flessibilità e che allo stesso tempo spinge in alto la tensione al risultato, il senso di appartenenza al
gruppo, la responsabilità individuale. L’azienda deve promuovere le singole identità, accoglierle
nelle loro necessità e puntare chiaro verso un obiettivo in cui tutti si sentano compresi e a cui si
sentano di poter portare un contributo differenziale che è dato dalla propria unicità. Realizzando
all’interno attività per i propri dipendenti o comunque sostenendone la partecipazione attraverso
benefits, incentivi, flessibilità oraria.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
conseguentemente collettivo, allora la mindfulness può dare un grosso aiuto in questa direzione,
perché indubbiamente è tra le pratiche meditative che più aiutano a centrarsi su quello che oggi
può farti stare bene. La sua pratica costante consente di portare la consapevolezza sull’oggi,
allontanando dubbi e sensi di colpa sul passato e paure verso il futuro. Ed è questa stessa
consapevolezza della preziosità dell’oggi, dell’essere qui ed ora che ti aiuta ad accogliere ogni
cambiamento come evento normale della nostra vita, che ti guida anche in porti sconosciuti. E ti
rende meno suscettibile alle “aggressioni” esterne (fraintendimenti incomprensioni giudizi ….)
perché funziona da timone delle nostre emozioni, positive e negative. Se imparassimo a arrabbiarci
meno e a collaborare di più….
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
cambiamento dell’ingresso nel mercato del lavoro, dovrebbe essere un’alleanza educativa.
Famiglie, scuole, aziende, associazioni sportive tutti dovrebbero in modo univoco spingere verso lo
sviluppo delle così dette competenze sociali che poi ci si aspetta che i ns giovani posseggano al
momento dell’ingresso nel mercato del lavoro. Ma per definizione una competenza è tale quando
è stata già ampiamente esperita, provata, consolidata, acquisita. Dunque famiglia, scuola, sport
dovrebbero mettere in atto, in questa alleanza educativa con le aziende, tutti le situazioni
esperenziali utili ai nostri ragazzi per conoscersi, mettersi alla prova, interagire in gruppi di lavoro,
portare avanti responsabilmente obiettivi e progetti cooperando con i propri simili.
gruppi di teatro, piuttosto che dalla lezione autogestita o dal corso di yoga, solo per fare alcuni
semplici esempi, tutto dovrebbe tendere allo sviluppo di queste competenze sociali, ma un attimo
prima che i ragazzi entrino in azienda. In azienda poi avranno da perfezionare, da specializzarsi, da
migliorare. Ma a diventare adulti sociali dovrebbero imparare prima grazie proprio a questa alleanza
educativa.