fbpx

Bruna Ferrarese

Categories: AIF,Interviste

  

BRUNA FERRARESE

Dal 1987 Consulente gestione Risorse Umane, Formazione manageriale e Coaching. Autore per Franco Angeli Editore, Edizioni la Meridiana, Bruno Editore. Laughter Yoga Teacher e Laughter International Ambassador.

Che vantaggi può offrire la Gamification a livello esperienziale?

La questione di fondo che accomuna ogni realtà aziendale è la ricerca di metodi e processi in grado di attivare efficacemente il coinvolgimento proattivo dei collaboratori, “engagement”, e così alimentare positivamente i risultati produttivi.

Tramontata l’idea che la sola ricompensa economica possa sostenere la motivazione nel realizzare una performance elevata, l’attenzione si è progressivamente spostata verso aspetti di natura più sociale che, nella preistoria delle organizzazioni aziendali, era più che trascurata.

Ma il contesto lavorativo – che nasce per una finalità produttiva – è anche un gruppo sociale o, addirittura, è soprattutto un ambito sociale che permette alle persone di sperimentare il proprio valore e la propria utilità in un meccanismo di integrazione e collaborazione verso un risultato comune.

Come sostiene Massimo Bruscaglioni “il lavoro è il gioco degli adulti”. Infatti, nel lavoro come nel gioco occorrono regole chiare e condivise, risultati incontestabili, prestazioni misurabili individuali e di gruppo, impegno costante per raggiungere l’eccellenza.

Pensando all’applicazione della Gamification nella vita lavorativa, personalmente ritengo che possa trovare molte applicazioni interessanti come attestano i buoni risultati ottenuti da aziende come Microsoft, Samsung e McDonald.
Credo che tali successi siano riconducibili, in particolare, al divertimento che il gioco procura, al piacere che si ricava nel farlo e, altra componente motivazionale, alla sfida posta a se stessi nel risolvere un problema o nel raggiungere un determinato record.

I rischi che intravedo riguardano il fatto di alimentare una risposta comportamentale di tipo esogeno, non sostenuta da un autentico piacere nello svolgere un determinato lavoro e un reale coinvolgimento negli scopi dell’impresa e, inoltre, che i comportamenti virtuosi possano essere abbandonati nella fase di assuefazione alle novità introdotte dalla Gamification.

Ritengo, invece, che l’utilizzo del gioco nella formazione sia molto adeguato perché permette di creare le condizioni ottimali per l’apprendimento. Attraverso la proposta giocosa riusciamo a generare una variazione significativa delle condizioni ambientali solite e possiamo porre le basi per una modifica reale del comportamento favorendo l’espansione della comfort zone individuale.

Il gioco, nella accezione più ampia del termine, applicato alla formazione favorisce l’esperienza emozionale e, come afferma il filosofo inglese Alan Wilson Watts, “Giocare non è un sollievo dall’apprendimento serio … giocare è serio apprendimento”.

Ben vengano perciò tutte quelle proposte che permettono una dimensione di tensione competitiva con sé stessi o con gli altri, elemento fisiologico del gioco, purché efficaci nell’incidere sul piano del comportamento, destrutturando credenze e pregiudizi.

 

Quali strategie un’azienda oggi può adottare per il Well-Being della persona?

Sono propensa ad utilizzare il termine “benessere” insieme a “felicità” e, avendo pubblicato un e-book dal titolo “Persone felici, aziende eccellenti: come motivare e rendere felici le persone per aumentare la produttività e i risultati” (Bruno Editore, 2012), è evidente che ho interiorizzato da anni il convincimento che l’attenzione a questi due elementi sia sempre più determinante per il successo di ogni azienda.

Può darsi che qualcuno prima di “come” sia portato a chiedersi “perché” progettare felicità.

La risposta è insita nella natura stessa dell’essere umano, impegnato a conseguire, fin dal primo vagito, uno stato di “appagamento generale che include un insieme di elementi della vita: dalla salute alle relazioni interpersonali, dal tempo libero al lavoro, dalla vita familiare all’autorealizzazione”.

Per una persona adulta – tenuto conto della percentuale di tempo che occupa – è evidente che gran parte della soddisfazione deriva dalla qualità dell’ambiente lavorativo.

Considerare i “fattori benessere e felicità” come un vero e proprio progetto strategico significa adottare un insieme di “tools” che possono favorire un approccio sistemico al tema del BenEssere nel contesto lavorativo, ponendo la dovuta attenzione all’impatto di tutte le scelte che favoriscono questa condizione e superando l’erronea convinzione che le persone siano motivate esclusivamente dagli incentivi economici.

Il “progetto felicità” non richiede sempre consistenti investimenti economici ma una differente “visione” dell’insieme organizzativo.

Spesso si tratta di utilizzare in modo non burocratico quei processi che le disposizioni di legge obbligano ad adottare come, ad esempio, le procedure legate alla salute e sicurezza o, perfino, quelle per la certificazione della qualità di prodotti o servizi, notoriamente mal sopportate come aridi obblighi amministrativi.

Un investimento vero e proprio è invece quello che riguarda tutte le iniziative che possono favorire l’armonizzazione del tempo dedicato al lavoro con quello cosiddetto “libero” e che permettono di allentare lo stress legato agli impegni familiari fruendo di servizi predisposti dall’azienda.

In questo senso lo Smart Working rappresenta una scelta che comporta una profonda riorganizzazione e l’adozione di modelli culturali del tutto innovativi.

Il passaggio da “lavoratore controllato in senso gerarchico” a “collaboratore valutato sulla base del raggiungimento dei risultati nei tempi concordati” presuppone un riesame dei processi di lavoro, degli spazi fisici operativi e, soprattutto, una nuova cultura manageriale in grado di assicurare il coordinamento anche in condizioni di estrema flessibilità e virtualità del rapporto.

Soprattutto è importante avviare un processo culturale – che vede nei responsabili di risorse umane gli attori principali – con l’obiettivo di rendere l’ambiente di lavoro un luogo dove recarsi con piacere, che offra stimoli e occasioni di valorizzazione delle capacità di ognuno per raggiungere uno scopo comune.

Un’utopia? No, molte aziende di successo anche in questo periodo di grande difficoltà generale hanno impostato le loro politiche proprio su questi principi e i buoni risultati sono evidenti.


 

Torna all’elenco delle interviste