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Claudia Matini

Categories: AIF,Interviste

  


CLAUDIA MATINI


Psicologa dell’educazione, Analista Transazionale Certificata, Master Practitioner PNL, mi occupo di consulenza psicologica e formazione.
Per ulteriori informazioni visitare la pagina https://claudiamatini.it/psicologo/

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

Le metafore sono un aspetto importante nella narrazione personale e professionale.
Il sentiero non è una strada asfaltata. Non è ampio. Non è in città.
Trovarsi su un sentiero implica l’aver lasciato le sicurezze di strade ampie dove automobili e mezzi meccanici si muovono costantemente, producendo rumore, polveri sottili, ma anche velocità di spostamento e comodità di viaggio, nonché itinerari noti e spesso di routine, in cui miriamo alla meta da raggiungere nel minor tempo possibile, in cui tutto o quasi è prevedibile.

Sempre meno è possibile sviluppare il proprio percorso di sviluppo come se fossimo su una strada. Sempre più sperimentiamo le asperità e le sorprese del sentiero, percorso battuto da meno persone, scomodo da percorrere, con imprevisti e difficoltà. Con il rischio di perderlo e il procedere per tentativi per ritrovare una direzione praticabile. Dove sapere leggere i segnali del territorio diventa essenziale.

È indispensabile servirci al meglio delle nostre risorse materiali ed immateriali per arrivare dove desideriamo. A volte è un viaggio di scoperta oltre le attese, la meta affatto conosciuta, e la sfida sta nel piacere del viaggio stesso oltre che nell’arrivare.
Non sempre è possibile rimanere sulle strade conosciute e sicure della città, nella tranquillità di un percorso immaginato che rimane uguale a se stesso nella fase di realizzazione. A volte la vita ci porta a dovere imboccare sentieri mai percorsi prima.

Cosa serve allora?
Servono le altre due parole chiave: Consapevolezza e alleanza.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

Senza consapevolezza siamo condannati a reagire in modo automatico alle situazioni, a rimanere imprigionati in ciò che ci fa soffrire, a non trovare alternative e soluzioni ai problemi personali e professionali che incontriamo, ad applicare ai contesti le medesime categorizzazioni limitanti.

La consapevolezza è un processo personale continuo, che tocca una dimensione collettiva quando la persona è inserita in un contesto organizzativo.

Per l’Analisi Transazionale, uno degli approcci che caratterizzano la mia attività come formatrice e psicologa, la consapevolezza è uno dei cardini su cui poggia la capacità individuale dell’autonomia, intesa come il saper stare sulle proprie gambe, conoscendo a sufficienza i propri limiti e le proprie risorse, sempre perfettibili, per vivere bene nel mondo. La consapevolezza di sé e l’attenzione al contesto in cui ci troviamo è una strategia indispensabile per potere stare in relazione autentica e sana con il mondo.

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

Siamo animali sociali. Se la specie umana è arrivata fino ad oggi è anche in virtù della sua attitudine alla collaborazione. Da soli è impossibile sopravvivere e le relazioni sociali sono da sempre una chiave per il nostro benessere psicofisico.

Ciò vale anche in ambito professionale, naturalmente. La capacità di cogliere la rilevanza di costruire alleanze personali e professionali non è sempre sviluppata, e la logica individualistica e competitiva a volte diventa centrale nei contesti organizzativi. Eppure, lavoriamo con altri, per altri.

Senza il supporto operativo e affettivo di un gruppo non ce la facciamo. Sviluppare alleanze professionali è sicuramente una chiave per sopravvivere in mondo di alta volatilità professionale.


 

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