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Guido Zaccarelli

Categories: AIF,Interviste

  

GUIDO ZACCARELLI

Docente di informatica, consulente aziendale, saggista e collaboratore redazionale con Gazzetta dell’Emilia

Quali strategie un’azienda oggi può adottare per il Well-Being della persona?
Al centro dell’interesse collettivo la nascita di una nuova consapevolezza: «per vincere le sfide offerte dalla globalizzazione le aziende devono creare al loro interno luoghi di lavoro felicitanti». Il benessere che si crea spinge le persone al fare e a identificarsi nel comune agire delle aziende. I singoli saperi diventano saperi comuni. Le persone condividono la conoscenza che altrimenti rimarrebbe trattenuta per sé. La mancata applicazione di nuove strategie relazionali determina disinteresse da parte delle persone e un lavoro svolto più per soddisfare bisogno economico che un desiderio di realizzarlo. Il futuro è nelle idee e nelle utilità etica che affiancate favoriscono l’agire imprenditoriale e sostengono l’utilità economica».

Cos’è La Conoscenza Condivisa®?: «è il nome che identifica, in modo univoco, il comportamento delle organizzazioni che mettono la Persona al centro del loro ecosistema. Il punto di partenza è la creazione di luoghi di lavoro felicitanti dove le persone entrano in azienda spinte dal desiderio del fare, e non solo dal bisogno del fare, posto in relazione alla retribuzione. Donano la propria conoscenza agli altri fondando il comportamento sul principio della reciprocità: «un dare senza perdere un prendere senza togliere». La conoscenza sommersa (trattenuta) si scioglie rendendosi disponibile agli altri che trovano giovamento dalla disponibilità offerta dall’incontro con nuove forme di sapere.

Quale è lo scopo dell’imprenditore? Seneca: «non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare». Con questa celebre frase Seneca riporta il lettore ad affrontare il coraggio, la paura nel futuro e nella capacità di osservare la realtà da una prospettiva diversa rispetto a quella che ha caratterizzato il solco della vita di ogni persona. Gli obiettivi sono dei punti, che ogni giorno la persona riporta, uno di seguito all’altro, fino ad ottenere una linea unica che testimoni le cose fatte e indichi la strada per quelle da fare, con le quali raggiungere la meta. La strada non è sempre in discesa, spesso è irta e piena di ostacoli. La forza dell’uomo sta proprio nella capacità di superare in modo consapevole i propri limiti, senza mai andare oltre i livelli di guardia, che potrebbero vanificare gli sforzi compiuti, e le aspettative per il futuro. «L’imprenditore nasce per fare impresa, oggi fare l’imprenditore è una impresa»: lo spirito che lo anima ogni giorno è di realizzare il proprio sogno, avendo cura dei propri collaboratori, dei clienti, dei fornitori e della società civile per raggiungere gli obiettivi, superando le difficoltà offerte dalla burocrazia e dalla globalizzazione. Il bilancio è il ritratto del comportamento dell’azienda: fornisce la base d’appoggio per definire la strategia aziendale in relazione agli indicatori di crescita, o di decrescita, delle aree interne ed esterne all’impresa.

Cos’è il ROI? Il ROI è un indicatore importante per saggiare il ritorno dell’investimento, che indica quanto rende, ad esempio, un euro investito in un determinato ambito o settore d’attività. In questo caso, il ROI, è un dato quantitativo che valorizza le azioni e i comportamenti dell’imprenditore agevolandolo nell’analisi di altri indicatori con i quali saggiare lo stato di salute dell’azienda.

Il ROI qualitativo mette invece in crisi l’imprenditore perché manca di riferimenti tangibili sui quali veicolare le proprie certezze fondato sui numeri reali, che si toccano con mano. Il ROI qualitativo appartiene al capitale umano e alla formazione e ad altri ambiti lasciati a futura trattazione. Cambiare il modello organizzativo, da piramidale a circolare, senza avere un ritorno certo che identifichi in modo puntuale il ROI qualitativo, lo fa desistere dall’investimento. «Abbiamo sempre fatto così, perché cambiare?», «la mia azienda sta ottenendo elevate marginalità, perché cambiare?», ancora «quando potrò ritornare del mio investimento?». Ecco la necessità di virare verso l’identificazione di una nuova dimensione che consenta all’imprenditore di identificare in modo netto il welfare aziendale dal welfare culturale della conoscenza condivisa.

Quale è la differenza tra il welfare aziendale e l’appena nato welfare culturale della conoscenza condivisa? Il welfare culturale della conoscenza condivisa è un paradigma innovativo, che si distanza dal welfare aziendale, per assumere una sua identità ben precisa, coinvolgendo a pieno titolo l’istruzione, la formazione e l’educazione delle persone in ambito lavorativo. Il welfare state è l’ambito che identifica le azioni e le strategie messe in campo dagli stati per migliorare il benessere della popolazione. Il welfare aziendale è il cappello che conferisce i benefit tangibili ai lavoratori per migliorare il loro benessere. In questo caso sono bisogni sono saturabili, e come tali, continuamente messi al bando per la perdita di valore economico. La novità è l’introduzione e del welfare culturale della conoscenza condivisa, che ambisce a formare una nuova entità nelle aziende destinata a identificare l’istruzione, (imparo e verifico) la formazione (identità aziendale) e l’educazione, (educĕre ), le tre leve fondamentali per condurre le persone a condividere la conoscenza. Il welfare culturale è il tempio, il luogo dove le persone si immergono in un mondo completamente nuovo, in grado di assolvere a pieno titolo ogni situazione che vada nella direzione di condividere la conoscenza. «L’istruzione», è la prima delle tre colonne che vanno a comporre il tempio e consente di verificare in tempi definiti il livello e il grado di preparazione conseguito dalle persone, offrendo la possibilità di modellare il percorso di addestramento in relazione alle specifiche attitudini individuali. È una voce di costo che l’imprenditore legge sotto la voce ROI quantitativo dell’investimento. «La formazione» è la seconda colonna che coinvolge le persone in un percorso culturale legato alla capacità di identificarsi con lo spirito e la comunità aziendali e di condividerne i valori. «L’educazione» è la terza e ultima colonna e consente di fare emergere – estraendo dal di dentro – il valore della persona e tutto ciò che lo caratterizza nella sua identità e professionalità. La formazione e l’educazione rientrano nel ROI qualitativo dove è impossibile stabilire il valore dell’investimento.

Come mai è necessario identificare il welfare culturale della conoscenza condivisa? Il welfare è nato in Inghilterra e l’etimologia ci porta al termine benessere. L’imprenditore percorre la strada del welfare aziendale offrendo al lavoratore i benefit economici che ritiene utili facendoli rientrare sotto il cappello del benessere della persona che accoglie positivamente per il valore conveniente che portano con sé. Il welfare, inteso come benessere assoluto della persona nasce solo dalla cultura e non da assolti bisogni economici.
Siamo proprio certi che questo avvenga, ovvero, che queste azioni contribuiscano a migliorare il benessere del lavoratore? L’impresa deve fare seguire al «welfare aziendale» una vera e innovativa politica di «welfare culturale» senza la quale sarà difficile garantire nel tempo i fondamenti del welfare aziendale. Le aziende che si muovono nella direzione dell’«Economia 5.0 – formata dalla tecnologia 4.0 e dalla applicazione della Conoscenza Condivisa®», devono necessariamente mettere in atto azioni che portano ad «elevare la cultura dell’impresa» coinvolgendo i lavoratori nel condividere la conoscenza e collaborare per modificare la struttura relazionale, da piramidale a circolare. Non è sufficiente modificare l’orario di lavoro, fare corsi o erogare compensi annuali per affermare che le persone stanno bene con loro stesse, e in relazione con le altre, mantenendo inalterato la struttura organizzativa dell’azienda, serve molto di più, in quanto sono interventi di breve raggio che nel tempo necessitano di essere continuamente sottoposti a revisione per il crescere delle aspettative dei singoli e dell’intera comunità. Quello che alimenta la vita dell’azienda è la cultura coniata nel «welfare culturale della conoscenza condivisa®» alla quale è possibile successivamente aggiungere i benefit inseriti nel welfare aziendale per completare il progetto «il benessere dei lavoratori».

Cos’è l’UNI T/R 11642:2016? È un documento tecnico che definisce le linee guida che deve adottare l’imprenditore per preparare un progetto di Conoscenza Condivisa. Lo scopo è creare luoghi di lavoro felicitanti dove le persone sentono di essere parte attiva di un progetto e di una comunità, che vede nell’agire condiviso, l’energia per camminare insieme verso il bene comune. La mancata condivisione dei saperi e dell’applicazione naturale della buona volontà, accrescono i costi complessivi dell’azienda, che per mantenere elevato il profilo di competitività, deve continuamente cercare soluzioni onde evitare la fuoriuscita anticipata dai mercati di riferimento. La tecnologia 4.0 stimola gli imprenditori ad adottare strumenti tecnologici ad elevato valore aggiunto, per accrescere i livelli di produttività e della qualità.

Di riflesso, la strategia agisce sulla contrazione del personale che necessita di piani formativi trasversali per consentire ai lavoratori di rimanere in contatto con il mondo produttivo che si muove ad altissima velocità. Le linee guida UNI T/R 11642 sono le cardinalità principali sulle quale favorire la nascita del Welfare Culturale della Conoscenza Condivisa® che mette la persona al centro dell’ecosistema organizzativo.
Questo significa: #essereLaConoscenzaCondivisa.

Il futuro è qui: «È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi!». Lucio Anneo Seneca

Riferimenti bibliografici:
Guido Zaccarelli, La Conoscenza Condivisa, verso un nuovo modello di organizzazione aziendale e Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda, Franco Angeli Editore.


 

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