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Matteo Majer

Categories: AIF,Interviste

MATTEO MAJER

Majer Matteo
Coach, psicologo e alpinista
www.matteomajer.it

L’innovazione tecnologica sta trasformando le relazioni umane, e il cambiamento è stato percepito anche all’interno delle organizzazioni e delle aziende con cui collaboriamo. La formazione deve innovare metodi, strumenti e spazi al fine di valorizzare la persona in un contesto sempre più digitalizzato. Quali sono i principali cambiamenti da realizzare? Il cambiamento porta con sé elementi positivi? e quali?
Qualsiasi innovazione tecnologica dovrebbe avere un unico fine: migliorare le condizioni di vita degli esseri umani. Questa, al mondo d’oggi è pura utopia.
Con la formazione dobbiamo cercare di “limitare i danni” che la tecnologia sta facendo.
Ricordare alle persone che il corpo umano, per non ammalarsi ha bisogno di fare FATICA, che qualsiasi risultato ha bisogno di sacrificio, che siamo capaci ed in grado di arrangiarci anche senza la tecnologia…
Spesso le innovazioni tecnologiche hanno lo scopo di farci credere di essere deboli, incapaci e bisognosi. Sono numerosi gli esempi in questo senso basti pensare agli ascensori per appartamenti al secondo piano, il pelapatate elettronico, ecc.
Corsi di formazione sul respiro, sul camminare, sul pensare in maniera differente e decrescente sono fondamentali ora per fare in modo di mantenere “umanità” nelle persone e saranno sempre più necessari in futuro in quanto, nei millenni, l’essere umano ha imparato e sviluppato le sue capacità intellettive attraverso l’uso delle mani.
Le mani sono servite per sviluppare la capacità di intervenire e risolvere i problemi e di lì hanno creato connessioni neuronali per lo sviluppo del cervello.
Oggi la tecnologia ci impedisce di usare le mani, per cui, corsi esperienziali, di manualità, di creatività pratica concorrono e concorreranno a “salvare” l’umanità da questo instupidimento al quale la tecnologia ci sta spingendo.

 

I sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di imparare prospettando nuove forme di vita, cioè entità sensienti di cui non possiamo prevedere, né tanto meno guidare, lo sviluppo. Come questo processo di rapido sviluppo tecnologico, che riguarda la produzione dell’intelligenza collettiva si può legare a etica e valorizzazione della cultura nei processi organizzativi aziendali? In che modo la formazione può supportare la persona affinché possa contribuire all’innovazione senza subirla passivamente?
I sistemi artificiali sono, appunto, artificiali.
La formazione può fare tanto in questo senso: fare comprendere alle persone che stanno vivendo una vita “artificiale”, staccata dalla natura e, spesso, inumana.
L’umanità che c’è in ogni essere vivente va riscoperta, rivalorizzata e rivalutata.
E’ necessario ritornare agli aspetti naturali di pensiero e di azione per cambiare rotta: individui e organizzazioni.
Il cambiamento dovrà necessariamente partire dall’individuo, dal suo interno.
Solo così si potranno vedere elementi di miglioramento messi in atto concretamente verso il fine ultimo della formazione che è quello di aumentare il benessere delle persone e delle organizzazioni.
Qual è l’etica imperante ora? Crescita e profitto.
La convinzione che sia possibile una crescita infinita in un mondo con risorse finite è una malattia mentale che prima viene debellata prima libererà l’essere umano dalla schiavitù del lavoro e del profitto.
Per cui, iniziamo ora a sviluppare una nuova etica, legata a valori quali la sobrietà, il “fare bene le cose che abbiano lunga durata” (e non con obsolescenza programmata…), l’efficienza organizzativa e nell’utilizzo delle risorse (stop a qualsiasi forma di spreco), la possibilità di riutilizzare gli oggetti, il trasferimento delle conoscenze in forma gratuita, l’etica del dono e dello scambio ma soprattutto un’etica ambientale perché è dalla natura che nasciamo e nella natura torneremo. Se non impariamo a vivere come la nostra natura di “animali” vorrebbe invece che di vegetali (per non dire di minerali…) come sta accadendo per molti, si rischia di formare una massa di schiavi di un sistema che li fa ammalare, ma pur di lavorare, tanti sono disposti anche a morire…mah…
La cultura dovrebbe, secondo chi scrive, ritornare alle origini, sviluppare nelle persone la capacità di comprendersi a fondo e capire che cosa effettivamente sia necessario per “stare bene”. Poi, di
conseguenza, sarebbe opportuno che tutti facessero la loro parte: i lavoratori prendendosi maggiori responsabilità dei beni e delle cose comuni, le organizzazioni diventando più utili per lo sviluppo dei talenti e più flessibili per fare in modo che le persone abbiano anche una vita privata al di fuori del lavoro.
Attualmente ci sono persone che sono sovrastimolate di lavoro e sotto stress per troppi impegni e ci sono persone stressate e in depressione perchè non hanno lavoro. Non è forse venuto il momento di cambiare? Lavorare tutti di meno? E’ una cosa così assurda pensare al benessere delle persone invece che al profitto fine a se stesso?
Ciò potrà avvenire solo se le persone, in quanto singoli individui, cambieranno il loro modo di pensare e di vedere le cose.
La formazione può essere utile in questo senso. Sviluppare consapevolezza dei meccanismi di funzionamento del nostro cervello, delle nostre convinzioni, della cultura e del sistema. Poi, sviluppare sensibilità al cambiamento e al ritorno alla natura e all’ambiente in cui viviamo.
Tanti voglio tornare alla natura, pochi lo vogliono fare a piedi…

 

Ieri hai detto domani. Oggi i giovani sono il futuro della nostra società, la crisi e la scarsità di investimenti rischiano di contrapporre la dimensione personale della realizzazione del sé a quella della competitività delle imprese e dei territori. In che maniera la formazione potrà far conciliare questi due estremi enfatizzando i valori strategici dell’impresa con la valorizzazione della persona nella sua essenza? In che modo la formazione può costruire una situazione ideale in azienda generando entusiasmo e partecipazione?
I giovani oggi dovrebbero essere il presente! Con la loro energia, immaginazione, creatività…Ma quelli meno giovani, quelli che ora hanno il potere non lo mollano! Perchè? Soprattutto per paura, perché non sono evoluti, non saprebbero che cosa fare della propria esistenza senza il loro lavoro! Questo identifica loro stessi per cui hanno paura di perdere la propri identità.
Ecco il vero significato della formazione oggi e come la formazione può aiutare i giovani oggi: insegnando a quelli che già lavorano in questo periodo storico che NON SONO IL LORO LAVORO, bisogna insegnare a “lasciare andare”, a mollare…a non vivere con l’attaccamento verso le cose, bisogna insegnare l’impermanenza della realtà.
Insegnare il piacere di trasferire i saperi e l’esperienza, ad apprendere come si sviluppano iniziative per le nuove generazioni, come si fa a vivere senza lavorare…
Le persone meno giovani potrebbero fare altro, seguire le loro passioni…solo così i giovani saranno l’attualità e non il futuro, così potranno fare esperienza e liberarsi dai nonni / padri che ora imperano! Questi sono, invece, attaccati alle poltrone e al potere che questi simboli conferiscono loro, rimangono attaccati alle loro “cose” come fossero la loro vita.

 

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