fbpx

Paola Romito

Categories: AIF,Interviste

  


PAOLA ROMITO


Napoletana ma romana di adozione. Sono analitica e profonda nelle analisi di scenario e lettura del contesto. Appassionata e positiva verso i cambiamenti e i processi generatori di innovazione.

Dopo una laurea in economia e commercio con indirizzo internazionale e una specializzazione post laurea in Marketing a Napoli, intraprendo una carriera manageriale a Roma, dove in più di 20 anni ho esperienza nel settore delle vendite al marketing, al planning per poi approdare a risorse umane in ambito formazione. Curiosa dei comportamenti umani e dei modelli di leadership e di change nelle organizzazioni, da circa 10 anni studio e approfondisco queste tematiche. Ho conseguito il diploma di Business Coach presso la Escuela Europea di Raquel Guarneri nel 2012, sono coach interno nell’azienda dove lavoro e in questo ambito mi sono anche occupata di coaching medico.

Dal 2012 pratico il Business Coaching come attività complementare. Per approfondire ho conseguito il diploma di Senior Practitioner in Executive Coaching di SCOA (the school of coaching) nel 2017.

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

Quando si parla di sentiero mi viene in mente la capacità di immaginare percorsi diversi da quelli che il nostro passato ci impone, come quando tracciamo la continuazione di un grafico con una linea a puntini intermittenti e si prosegue la curva di tendenza. Scrivere sentieri diversi significa invece prendersi il tempo per immaginare scenari discontinui e scrivere sentieri di evoluzione della propria vita professionale e personale non legati a ciò che si è fatto finora ma immaginando di capovolgere completamente la traiettoria e prendersi la libertà di disegnare un sentiero totalmente nuovo e imprevedibile. Pertanto l’esercizio da fare è quello di ancorarlo ad altri fattori che non sono da ricercare nel proprio passato ma altrove. Quindi, in primo luogo, concedersi la libertà di farlo. Si tratta qui di una vera e propria libertà, perché deve liberarsi dal condizionamento esercitato dall’altrui pensiero e dall’altrui desiderio.

In secondo luogo, riuscire a trovare gli altri puntini da raggiungere per disegnare queste traiettorie. Una volta che le si è disegnate, prendersi il tempo per osservarle, ricamarci sopra dei “quotidiani” immaginati quindi desiderati. Un aiuto nella fase di tracciatura della traiettoria nei percorsi di cambiamento professionale può essere certamente fornito dalla formazione, che potrebbe diventare la scintilla che attiva quelle aree neuronali rimaste in disparte a lungo e che, riattivandosi, possano far scattare l’ energia e l’ immaginazione necessarie per garantire la scrittura del nuovo sentiero. Mi viene in mente la storia di Steve Jobs che, nel famoso speech “Stay hungry Stay foolish”, racconta di quando in giovane età – e alla ricerca del suo sentiero – aveva iniziato a seguire un corso di grafologia. Ebbene quel corso, seppur fosse estremamente distante dal suo corso di laurea e apparentemente quindi fuori tema e fuori focus nella costruzione del suo percorso professionale, si rivelò invece fondante e chiave nella vita successiva, quando, più tardi, fondò la Apple, e ciò che aveva imparato in quel corso divenne il cardine del fattore competitivo dell’offerta dei computer di Apple rispetto ai competitors: cioè la enorme vastità di caratteri che solo il Mac aveva e che divenne fattore critico di successo. Nel suo racconto Jobs riconosce di aver fatto quello che definisce “connecting the dots”, cioè unire i puntini della sua evoluzione solo dopo averla tracciata. Aveva seguito forse anche stancamente, o solo per curiosità, quel corso ma quella “libertà” e apertura mentale, che si era concesso, gli avevano poi permesso di cogliere tutte le potenzialità e di innamorarsi di quella pazzesca idea che tutti abbiamo poi avuto modo di apprezzare. Una volta chiaro il sentiero, la formazione può anche essere un utile strumento per rafforzare ulteriormente i pilastri di competenza che lo sostengono.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

Vediamo da dove partiamo. Da giovani si disegna il proprio percorso partendo dalle proiezioni dell’ambiente familiare su di noi. Se vogliamo prendere le distanze da quelle attese, dobbiamo capovolgere il punto di partenza e fare un cammino inside-out. E’ necessario un maggior livello di consapevolezza per capire dove siamo, in altri termini che sia chiaro, o che almeno sia un po’ più chiaro rispetto a prima, cosa siamo, quali i nostri punti di forza, quali i nostri talenti. Siamo cioè obbligati ad intraprendere azioni per far emergere i nostri aspetti caratteristici, il nostro profilo, il nostro carattere. Ma anche la nostra indole, ciò che ci piace e ciò che ci motiva. Anche questo quindi è un tempo necessario che va preso per poter compiere questa ricerca. Utile a questo scopo risulta maggiormente il coaching, perché far emergere richiede necessariamente un dialogo interiore, senza influenze proiettive. Il percorso di consapevolezza attiene alla ricerca della propria identità professionale, alla propria sfera valoriale e al proprio desiderio.

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

Le alleanze sono un elemento importantissimo nelle traiettorie di cambiamento professionale. Rappresentano il network di sostegno futuro, quello che ci riconoscerà una identità diversa rispetto alla precedente. Quindi la scelta delle persone con cui decidiamo di allearci – o alle quali chiediamo sponsorship o semplicemente consiglio – ha anch’essa bisogno di un tempo di riflessione, di ricerca prima ancora che di azione. Vanno ricercate cioè alleanze con coloro che disconfermando la nostra identità precedente siano in grado di supportare la nuova identità che vogliamo portare alla luce. Perché abbia qualche chance di sopravvivenza e di realizzazione e, perché no di successo, la nostra nuova identità ha un fondamentale bisogno di decidere quelle alleanze che apriori sono supportive, che abbiano la capacità di vederci già oltre il guado e che, per loro natura, tributano fiducia a quel trapasso e a quella nuova identità.

Quello che ho descritto è un percorso di cambiamento che mi è capitato di vivere in prima persona. Nel mio percorso il coaching, la lettura di testi sul cambiamento professionale e la formazione in ambito sviluppo, coaching e comunicazione (in particolare comunicazione Non violenta di Rosenberg) sono stati i pilastri posti alla base, le fondamenta su cui ho costruito il mio nuovo “sentiero”.


 

Torna all’elenco delle interviste