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Pier Luigi Iafelice

Categories: AIF,Interviste

PIERLUIGI IAFELICE

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Presidente di A.K.A. e formatore

Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?

In vent’anni di attività di formazione ho compreso quanto sia importante consentire alle persone di arrivare a comprendere ciò che può consentire di cambiare il loro punto di vista. Tecnicamente si definisce consapevolezza.
Infatti, se una persona riesce a divenire consapevole del cambiamento che può fare, il cambiamento, per quella persona, è già iniziato!
La metodologia che ho utilizzato in questi anni, e che continuo ad utilizzare con successo, ha origine da un concetto base fondamentale: qualsiasi professione, o attività, viene svolta da una persona che, avendo acquisito le necessarie competenze, può essere definita un professionista. Ma proprio perché è la persona che “veicola” il professionista è molto importante “lavorare” sulla persona, per ottenere, per derivata, un miglioramento della prestazione professionale.
Questa considerazione di base, così logica, sfugge spesso alle organizzazioni aziendali che, invece, concentrano gli sforzi formativi sulle competenze, sia quelle più tecniche, sia quelle definite trasversali.
In questo modo, però, si continua a dare nuove competenze professionali trascurando la crescita e l’equilibrio della persona; ne deriva la sempre più diffusa opinione che la formazione poco efficace, perché nelle dinamiche di tutti i giorni c’è poco spazio per le teorie, mentre servirebbe la voglia di ognuno nel contribuire al raggiungimento degli obiettivi.
Nei percorsi formativi che progetta la mia Società, ogni singolo partecipante arriva a desiderare di essere parte attiva di un risultato, che lo vede protagonista assieme ad altri. Per ottenere tale risultato è indispensabile aumentare il lavoro sinergico tra la componente razionale e quella emotiva, diminuendo così le interferenze emotive ed aumentando quella duttilità comportamentale che è indispensabile per accettare, e superare, ogni momento di cambiamento.
Questo cambiamento inizia durante la dinamica formativa, ma grazie alle consapevolezze acquisite, continua anche dopo, essendo ormai parte del modo di essere di chi ha ottenuto quel risultato.

 

La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?

Nella formazione professionale deve essere dato il giusto spazio all’adeguamento delle conoscenze tecniche di base, seguito da un idoneo momento di addestramento, ossia una fase di messa in pratica della teoria, cui deve seguire ancora una volta una personale presa di consapevolezza che quella teoria, già sperimentata praticamente, è diventata patrimonio del professionista che la utilizzerà.
Nei miei momenti formativi che progetto e realizzo, lo spazio maggiore è riservato proprio a tutte quelle dinamiche che consentono di arrivare alla consapevolezza di avere una competenza.
Raggiunto questo risultato, qualunque persona, è in grado di vivere una giornata d’interazione lavorativa con gli altri, senza pagare uno scotto in termini di perdita di energie personali e questo significa poter tornare a casa la sera con ancora la voglia di godersi la propria famiglia, gli amici, gli hobby.

 

I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?

La formazione per supportare l’evoluzione e lo sviluppo di nuova occupazione, oltre a fornire nuove competenze tecniche, deve prevedere il supporto alla persona in modo che riesca ad adeguarsi ai continui cambiamenti. Le soft skill come il pensiero critico, la creatività nelle attività attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti oppure servizi non si insegnano, ma possono essere sviluppate nelle persone con una formazione che non sia quella classica (spesso utilizzata sui grandi numeri) ma, interagendo con poche persone alla volta, e facendo in modo che possano comprendere come diventare realmente un gruppo e non restare un semplice insieme di persone.
La mia esperienza mi porta a ritenere che ogni professionista deve avere quelle competenze di base indispensabili per dare la prestazione che ci si attende, ma se la persona che supporta quel professionista non ha tutta la pazienza, la disponibilità, la determinazione, la tenacia, la passione e molto spesso anche l’umiltà di impegnarsi a supportare il professionista e il risultato sarà sempre inferiore alle reali possibilità.
Il vero problema è che la prestazione ottenibile è impossibile da misurare fino a che la persona non cambia, ma tale cambiamento avviene solo se si consente, proprio alla persona, di migliorare nella sua funzione di supporto al professionista.
È un processo lento, ma possibile e occorrono formatori che abbiano alle spalle la necessaria esperienza di vita aziendale e non solo un curriculum di docenza, di coaching, o altro. Il che vuol dire, per un formatore, l’essere aperto alle nuove teorie, senza però dimenticare le radici naturali dell’essere umano: altrimenti si coltivano alberi che rischiano, poi, di seccarsi!


 

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