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Stefano Berti

Categories: AIF,Interviste

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STEFANO BERTI

Business Analysis e sviluppo delle competenze digitali

Lo scenario economico e sociale è in continua e rapida evoluzione: la trasformazione digitale ha abbracciato quasi tutti i settori ed è protagonista nei principali mercati. Oggi tuttavia la crescita delle complessità e il timore nei confronti della tecnologia, sempre più pervasiva, sembrano ostacolare il percorso che porta al sviluppo della persona, in un contesto di interazione con le organizzazioni. Il fattore umano è riconosciuto come la soft-skill principale per il moto dell’evoluzione della nostra specie, ma ci sono ancora perplessità sulla direzione che deve prendere per portare a una nuova, vera innovazione. Come può la formazione incrementare l’impatto del fattore umano per infondere alle persone e alle organizzazioni il coraggio di affrontare nuove sfide in un contesto così dinamico?

Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” diceva Don Abbondio nei Promessi Sposi. Se questo vale per le persone, vale ancora di più, in condizioni normali, per le organizzazioni.
Alla fine del secolo scorso, in una delle più prestigiose organizzazioni italiane, la posta elettronica era gestita in questo modo: c’era un solo indirizzo di posta elettronica per ogni Direzione, accessibile da un solo Personal Computer posto in una stanza chiusa a chiave. La chiave era detenuta dalla segretaria del Direttore, e questa ogni mattina stampava le e-Mail ricevute e provvedeva a farle distribuire con il carrello della posta interna (era obbligatorio indicare nell’oggetto il destinatario effettivo della e-Mail).
Di lì a poco la medesima organizzazione è divenuta una delle più innovative, anche in termini di uso della rete, ed agente di innovazione essa stessa nel proprio settore. Cosa era successo? Era cambiato il Top Management.
Non credo che la Formazione sia in grado, da sola, di infondere il coraggio nelle organizzazioni.
La Formazione può cogliere i segnali delle opportunità di cambiamento, anche quelli deboli, e farsene partecipe per aiutare le persone (ed attraverso queste le organizzazioni) ad apprezzare meglio le opportunità, ed a temere meno le minacce dei cambiamenti: comunque da affrontare.

 

Nel contesto globale contemporaneo la diffusione di informazioni avviene a una velocità incalzante sospinta dalla digitalizzazione. Per questo motivo il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni. Il formatore oggi è la figura che può educare all’uso consapevole della tecnologia, finalizzata al corretto sviluppo della persona. Quali sono i metodi e gli strumenti tecnologici a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitività economica? Quanto questi strumenti influenzano i processi di formazione?

“Noting but the net”: non c’è altro che la Rete. Non è la verità, ma è una componente importante della verità.
Lo è sia in termini di opportunità che di rischi.
La Rete ha fornito strumenti straordinari alle persone ed allo sviluppo del business; al momento in cui sto scrivendo la notizia del giorno è l’assunzione di responsabilità da parte di Zuckerberg sui rapporti fra Facebook e Cambridge Analytica. Per inciso, questo ci ricorda l’importanza della regolazione dell’uso dei dati: non per niente da Maggio 2018 cambiano le regole per la privacy dei dati, con l’entrata in vigore del Regolamento UE 216/679.
Ritengo che chi si occupa di formazione debba essere consapevole dei rischi connessi con l’uso della Rete, e debba considerare la sensibilizzazione a questi rischi come uno dei suoi primari doveri professionali. Ritengo allo stesso tempo che chi si occupa di formazione debba imparare ad usare sempre più e sempre meglio gli strumenti della Rete: senza per questo attenuare la connotazione della formazione come esperienza sociale, ma sfruttando invece anche la capacità della Rete di facilitare, quanto meno ad un livello base, le opportunità di socializzazione.

 

La maggior parte delle scoperte, dalle grandi innovazioni scientifiche agli step esperienziali della crescita di ognuno di noi, avvengono attraverso il continuo imbattersi in errori e ostacoli. La possibilità di sbagliare, se circoscritta a un contesto adeguato, è il motore del miglioramento personale. Ad esempio Cristoforo Colombo, imbarcandosi con le 3 caravelle nel 1492, ha colto l’episodio di serendipità più influente nella storia moderna: mirando a raggiungere le Indie, scoprì l’America. Nella serendipità, ovvero la possibilità di imbattersi in felici scoperte per puro caso, è determinante l’influenza della specifica realtà in cui si opera. Il compito del formatore è operare attraverso la centralità della persona, legando tramite l’apprendimento il contesto dello scenario socio-economico allo sviluppo umano. Attraverso quali pratiche il formatore può trasmettere alla persona i mezzi necessari per la crescita dell’individuo nella realtà locale?

Personalmente mi occupo di formazione soprattutto nel campo della Business Analysis e dell’Analisi per i Sistemi Informativi: temi che si prestano maggiormente a modalità formative più finalizzate all’obiettivo che alla serendipità.
Ho avuto però un’esperienza molto interessante come allievo: in un workshop tenuto in Portogallo per manager di vari paesi europei. Un pomeriggio ci hanno portato in un bosco, divisi in squadre, consegnato una serie di oggetti disparati (fili, cartoncini, palloncini, …) ed indicato un uovo di gallina, appeso ad un ramo di un abete, ed un secchio di metallo, appoggiato alla base di un altro abete. Per portare l’uovo nel secchio, senza toccarlo e senza romperlo, avevamo a disposizione un’ora per parlare senza agire, seguita da un’ora per agire senza parlare.
Questa esperienza mi è servita moltissimo a capire meglio come strutturare i processi decisionali, a capire meglio come sfruttare i momenti di stimolo della creatività.
Ho cercato di capire perché: avevano trovato il modo di farci giocare mettendo in pratica quelle regole che ci volevano trasmettere. Senza spiegarcele più di tanto, ma facendo in modo che le provassimo noi stessi attraverso il gioco.


 

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