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Chiara Marturano

Categories: AIF,Interviste

CHIARA MARTURANO

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Counselor professionista e formatrice per la comunicazione e la sicurezza in azienda

Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?

Sono sempre più convinta che andrebbe sostituito il concetto di competizione con quello di cooperazione.
In un mondo social, il cui fine è la partecipazione, il networking, la creazione di risorse informatiche e d’informazione condivise e aperte per poter essere trasformate e migliorate (da Ubuntu a Wikipedia fino ad Android), l’obiettivo dovrebbe essere quello di collaborare. Quando in aula si affronta il tema del conflitto e della negoziazione, i presenti paiono essere ancora più partecipi e disponibili a mettersi in discussione: è qualcosa che li tocca da vicino. Passiamo le nostre giornate a contrattare. Sperando, certo, di uscirne vincitori o di non perdere troppo, almeno. E se il risultato non fosse “ vinco io o vinci tu”, ma “proviamo a vincere entrambi”? Riporto due esempi di riflessione su questo concetto: i Ted (Technology Entertainment Design) che promuovono la condivisione di progetti di successo, da come è nata l’idea alla sua realizzazione e le Fuck Up Nights, forse più geniali dei primi. Si tratta di un movimento nato in Messico nel 2012 per la condivisione di storie di business fallimentari. Si sbaglia e si ricomincia. Entrambi promuovo la messa in discussione delle proprie idee e delle proprie esperienze ed è questo che dovrebbe ispirare la formazione aziendale: condivisione e cooperazione.

 

La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?

Per la realizzazione di un modello di Industria 4.0 la formazione può essere di supporto su due livelli: uno generale ed uno più specifico.
Rispetto a quest’ultimo troviamo un esempio concreto nella formazione on-line che andrebbe, tuttavia, ampliata e approfondita con attività di maggiore interazione e strumenti di confronto, magari con la creazione di piattaforme (in alcune aziende sono già esistenti) che vedano il coinvolgimento in aule virtuali di più partecipanti contemporaneamente.
Da un punto di vista generale, attraverso la formazione, bisognerebbe rivedere l’uso della tecnologia. Grazie a smartphone e ai vari dispositivi portatili, presenti sul mercato, abbiamo tutto il “sapere” nelle nostre mani. Eppure l’uso che ne facciamo è ancora molto limitato e poco attivo: i siti, i blog, le varie piattaforme social, sempre più intuitive, ci permettono di comprare, viaggiare, informarci e intrattenerci con un click, occupando tutto il nostro tempo e rendendo l’interazione con il mondo reale più limitata.
Se è vero che “le idee arrivano quando la mente divaga”, quand’è che abbiamo dei tempi vuoti? Se l’empatia si sviluppa guardando negli occhi l’altro, come facciamo a svilupparla se i contatti vengono filtrati da uno schermo?
Ecco che la formazione dovrebbe aiutare i partecipanti a scegliere gli strumenti più idonei da utilizzare (passando, ad esempio, dalla comunicazione via mail a quella via web cam per permettere il contatto visivo), conoscerne i limiti, responsabilizzarsi, trovare un equilibrio tra vita virtuale e vita reale.

 

I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?

In una sua recente intervista, Simon Sinek presenta un’analisi delle caratteristiche dei Millennials, i trentenni di oggi: con un livello di autostima basso, dipendenti dalla tecnologia e con difficoltà a relazionarsi, impazienti e poco motivati essi necessitano, nell’ambiente lavorativo, di una leadership positiva in grado di coinvolgerli nel processo decisionale. Credo che la formazione in aula debba focalizzarsi sulla capacità di creare e sviluppare relazioni, ovvero l’intelligenza emotiva e sociale di Goleman,sulla lentezza e la costanza, sulla pazienza e la capacità di stare in quel “vuoto fertile”. Nel 1993 lo psicoanalista Adam Phillips nel suo libro “Sul bacio, il solletico e la noia” scriveva che la “capacità di annoiarsi permette al bambino di crescere [..] La noia è il fattore trainante, è ciò che porta a motivare se stessi a fare le cose. È il modo migliore per rendere i bambini autosufficienti”. Sono concetti che, nella pedagogia, vengono continuamente ripresi, eppure come adulti non ci lasciamo questa possibilità. E’ tutto molto, troppo veloce. Pensiamo che la velocità sia il fattore vincente. Io penso che, nel mondo del lavoro flessibile, sia lo sviluppo del pensiero laterale a fare la differenza ed è su questo che la formazione dovrebbe lavorare.


 

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