|
Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.
Lo sanno tutti che chi nella vita è riuscito a realizzare ciò che desiderava si è mosso con tenacia e determinazione ma attraverso SENTIERI quasi mai facili e scontati da praticare.
E’ la capacità di adattamento a ciò che ci circonda che ci permette di avanzare. Importante è non perdere l’obiettivo. Avanzare adattandosi vuol dire crescita, vuol dire formazione continua, vuol dire osservazione, vuol dire capacità di saper cogliere i cambiamenti per anticiparli. Spesso vuol dire anche poter permettersi di cambiare obiettivo, per arrivare a traguardi diversi e anche migliori di quelli decisi in partenza. Ecco perché è necessaria la formazione continua, ci fa analizzare ciò che siamo e stiamo facendo per permetterci di scegliere con più consapevolezza. Una formazione però non vale l’altra. E‘ necessario saper scegliere affinché la formazione diventi occasione di cambiamento e miglioramento e qui entra in gioco la capacità di saper osservare. Non si nasce abili osservatori ma lo si può diventare. Nel bravo osservatore l’esperienza gioca molto, ma anche la curiosità e lo spirito critico.
Una cosa agevola l’altra, la formazione e quindi la conoscenza agevolano la capacità di saper osservare e viceversa. Ecco che nei contesti lavorativi è la flessibilità la parola chiave. Saper sviluppare il talento dei professionisti in azienda indipendentemente dalla mansione è strategia fondamentale per la crescita dell’azienda stessa. Sembra scontato dirlo ma l’azienda sono le persone che ci lavorano dentro. Il cambiamento di ogni persona è un cambiamento aziendale, il talento di ogni persona è un valore aggiunto aziendale, il saper osservare di ogni persona è la capacità di adattamento aziendale, l’ambizione di ognuno diventa obiettivo aziendale.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Mi chiedono se le pratiche di Mindfulness possono essere un valido aiuto nella CONSAPEVOLEZZA dello stato psico-fisico quale fattore fondamentale per il miglioramento della cultura organizzativa aziendale. Posso rispondere che lo stato di benessere di ciascun attore aziendale è il benessere stesso dell’azienda. Ciò che voglio arrivare a dire è che non stiamo parlando di due enti distinti e differenti. Una volta fatto proprio questo concetto ecco che diventa scontato il benessere di tutti. E’ solo un buon equilibrio personale (e quindi aziendale) che permette di avanzare, cambiare, osservare, scegliere. Raggiungere la consapevolezza di se non è certo facile, non è scontata anzi è proprio difficile. Non basta un corso e non ne bastano nemmeno due. E’ un cambiamento profondo dato da esperienza, attitudine, resilienza. Spesso purtroppo anche non raggiungibile; non tutti accettiamo i cambiamenti, non tutti ci poniamo l’obiettivo di diventare consapevoli, a volte stiamo bene nella nostra comfort-zone dalla quale non vogliamo uscire. E’ così per il singolo ed è così per l’azienda. Quindi non solo il sentiero può cambiare ma anche chi ci accompagna può e a volte deve cambiare.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
La generazione Z ha dimostrato di voler entrare – a ragion veduta – nelle tematiche di sostenibilità e ambiente, anche se stimolate dalla figura/guru di Greta Tumberg. La Città è già in fiamme ha evidenziato l’urgenza dei temi green ma non solo, ha potuto dimostrare come in modo repentino queste generazioni abbiano superato il proprio individualismo per una causa e azione comune. Allo stesso modo dovranno sostenere il cambiamento con l’entrata nel mondo del lavoro.
Quali sono quindi i percorsi formativi che si potranno mettere in pratica per supportare i giovani che entrano nella dimensione organizzativa lavorativa, dove necessariamente si dovranno favorire l’attivazione di atteggiamenti di cooperazione e collaborazione nei rapporti interpersonali e di gruppo, superando le individualità del singolo?
La generazione Z? E’ il futuro. Ciò che per noi è difficile per loro è naturale. I giovani si vedono parte di questo mondo; quella dei giovani con la natura non è una semplice ALLEANZA perché loro si sentono parte della natura. I giovani sono la natura e la natura sono (anche) i giovani. Ecco perché ci implorano di osservare, di crescere, di formarci e di cambiare sentiero. La natura lo chiede e quindi tutti noi ce lo dovremmo chiedere. Ecco che il paragone con l’azienda diventa scontato. Per superare l’individualismo devono sentirsi essi stessi azienda. Ciò vuol dire responsabilità, vuol dire possibilità di mostrarsi e mostrare ciò che sanno fare, vuol dire anche appagamento economico. Quindi? Quindi non dobbiamo formare i giovani per superare l’individualismo ma dobbiamo formare (formarci) ogni singolo attore aziendale affinché la filosofia della collaborazione e cooperazione sia insita nell’azienda stessa.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
La generazione Z ha dimostrato di voler entrare – a ragion veduta – nelle tematiche di sostenibilità e ambiente, anche se stimolate dalla figura/guru di Greta Tumberg. La Città è già in fiamme ha evidenziato l’urgenza dei temi green ma non solo, ha potuto dimostrare come in modo repentino queste generazioni abbiano superato il proprio individualismo per una causa e azione comune. Allo stesso modo dovranno sostenere il cambiamento con l’entrata nel mondo del lavoro.