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Danilo Rigoli

Categories: AIF,Interviste

  


DANILO RIGOLI


Nato a Roma il 9.12.1960, laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma.
Nel 1989 è stato immesso nei ruoli dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza prima come Agente, successivamente come Ispettore e, dal 2003, in quello dei Funzionari. Dal 2003, presta servizio presso la Questura di Belluno, dove dirige la Divisione Polizia Amministrativa, Sociale e Immigrazione e, oltre a tale incarico, svolge quello di Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, Formatore qualificato in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nonchè attività di insegnamento presso altri Enti. Dal 1998, ha collaborato con le Riviste: il Nuovo Diritto, Sicurezza Urbana – Rivista Giuridica di Polizia, Immigrazione.it, Progetto Sicurezza, Rivista di Polizia ed Ediltecnico.it.

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

Il primo vocabolo è sentiero, come percorso della vita.

Innanzitutto, bisogna avere la volontà di incamminarsi nel sentiero verso le varie difficoltà della vita, della conoscenza e del lavoro, nella consapevolezza di orientare le proprie conoscenze verso il bene comune in armonia con gli altri!L’accordo con l’altro o, in forma più ristretta, con il gruppo di lavoro è necessario, per la storia dell’uomo, non solo in questo periodo difficile e anomalo, ma anche per il comportamento futuro degli uomini. Intraprendere questo cammino non sarà facile: generalmente, infatti, il sentiero sarà accidentato. Allora, entrerà in gioco la cultura di ognuno e, chi più ne avrà, sicuramente proseguirà il percorso, portando frutti alla società e al nostro lavoro di formatori della sicurezza.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

La seconda parola è consapevolezza, come conoscenza del proprio limite.

Se andassimo a vedere la definizione di consapevolezza in qualsiasi vocabolario troveremmo: “ cognizione, coscienza: aver piena c. di qualcosa, esserne perfettamente al corrente”, ma in questo contesto vorrei allargare il concetto alla conoscenza di sé stessi e di quello che si può fare, unito alla volontà di cooperare con gli altri. Da un altro punto di vista, consapevolezza vuol dire: “capire fin dove si può arrivare per aiutare il prossimo”, comprendere i propri limiti e i propri difetti, ma al contempo stesso le proprie capacità e, solo sfruttando queste ultime, allineandole alle esigenze comunitarie, avremmo la consapevolezza di essere stati ed essere un elemento del gruppo di formatori, al quale apparteniamo.

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

La terza parola è alleanza; elemento necessario per raggiungere l’obiettivo finale.

Sin dall’antichità l’alleanza, sotto varie forme, è stata un’arma vincente.
Alleanza per la sopravvivenza del genere umano, per le conquiste, per il potere e, ai nostri giorni, per la politica, ma a noi in questa sede interessa l’accordo per un fine didattico.

Ebbene sì, se a livello didattico, finalizzato alla formazione, non vi sarà un’alleanza, non si potrà raggiungere l’obiettivo prefissato e, sotto l’aspetto della metodica, potremmo individuare due punti di vista: innanzitutto, l’alleanza tra docente e discenti, il cd. “patto d’aula”, e, poi, l’accordo tra docenti, finalizzato all’individuazione della giusta metodica in un contesto di lavoro di gruppo.
Analizziamo il primo punto. Per raggiungere l’obiettivo per un’efficace formazione, è necessario che il docente abbatta la separazione che, inevitabilmente, si viene a creare in un gruppo dove c’è una figura che, istituzionalmente, è deputata a erogare delle regole di lavoro, cui i docenti dovranno “sottostare”.
Si tratta, quindi, di un abbattimento, non solo dal punto di vista verbale, ma anche dal punto di vista fisico, aggirando, così, la cattedra per eliminare l’ostacolo che separa il docente dall’uditorio.

Per quanto attiene all’individuazione della didattica appropriata, sarà necessario che i docenti, ognuno con la propria volontà, si “coalizzino” per raggiungere il massimo della buona prassi metodica a beneficio dei discenti.
Ecco che l’alleanza è quell’elemento vincente per immettere, nel mondo del lavoro, personale altamente qualificato in qualsiasi ambito professionale e, ancor più, in quello della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per concludere, in tutti e tre i vocaboli il filo rosso, che li lega, sarà la volontà che fungerà da collante necessario per una buona riuscita e l’individuazione di un sentiero, che indichi il percorso da intraprendere con la consapevolezza dei propri limiti, finalizzati al traguardo finale, solo se vi sarà unione e non contrapposizione.


 

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