DAVIDE DIAMANTINIUniversità di Milano-Bicocca |
Quali competenze saranno richieste dalle aziende nel futuro mercato del lavoro? Riformare il sistema e riformare noi stessi?
Tutti sappiamo che per fare innovazione abbiamo bisogno di una serie di elementi diversi e che ne abbiamo bisogno contemporaneamente: le idee e la conoscenza, le persone, le risorse materiali ed economiche e la capacità di collaborare. Anche solo la mancanza di una di queste componenti impedisce di raggiungere un risultato soddisfacente. Chi ha una storia di successo da raccontare ha vissuto intensamente lo smarrimento di dover incastrare questi elementi costitutivi in un’unica scena e lo spasimo di dover integrare le mancanze prima che sia troppo tardi. Tutte queste risorse sono insostituibili per lo sviluppo delle aziende e del sistema sociale ed economico italiano.
Il dibattito su quali siano le priorità e su chi abbia la responsabilità nell’attivazione dei processi è forte e ognuno di noi ha un’opinione sufficientemente definita. Non posso negare che assai spesso si vede emergere la tendenza ad identificare i problemi o ad addossare le responsabilità a qualcuno o qualcosa abbastanza lontano da noi stessi, o troppo complesso per poter essere risolto: i politici in generale, il governo (o i governi passati), la crisi, le banche, i giovani che non hanno più voglia di lavorare ed altri luoghi sufficientemente comuni per sembrare verosimili.
D’altra parte, chi sta scorrendo queste pagine, magari per trovare pubblicata la propria storia di innovazione e per compiacere la curiosità di vedere come altre aziende abbiano proposto con successo soluzioni innovative, ha già sposato l’idea che l’innovazione sia basata sulle persone. Sono gli individui ad essere portatori della conoscenza necessaria per innovare e sono sempre gli individui a recuperare l’energia fondamentale per poter sostenere questo processo incerto e faticoso.
Per innovare e proporre qualcosa di nuovo, sia esso incrementale o radicale, dobbiamo fare in modo che le persone siano supportate da conoscenze avanzate, da una motivazione profonda e dalla maturità sufficiente per staccarsi dagli schemi in uso nella loro comunità organizzativa e nel settore di attività nel quale operano. Queste capacità di aggiornare costantemente le proprie conoscenze e di mantenere forte la propria motivazione si conquistano e si mantengono solo tramite percorsi di formazioni continua formali o informali.
Ecco, quindi, che anche il sistema della formazione dovrebbe essere aggiornato costantemente, anzi dovrebbe anticipare le tendenze della società, dell’economia e della tecnologia. Le persone devono essere preparate a muoversi in una prospettiva che includa strumenti forti per capire quello che sta per accadere e i cambiamenti continui della società e del mercato. Insomma, anche il sistema della formazione, ovvero tutte le aziende, i formatori, i professionisti che lavoro con le risorse umane, dovrebbero aderire ad una dimensione di riforme permanenti.
Il periodo è confuso e le riforme sono un mantra costante che troppo spesso non convince o delude. Il sistema della formazione continua si sforza di navigare tra numerosi scogli cercando di mantenere il passo e di non essere lasciato indietro a vantaggio di altre priorità politico sociali che appaiono più urgenti (come il sostengo al reddito o la discussione sulle infrastrutture nazionali).
Partecipare a questo processo che dobbiamo chiamare sistemico, ovvero che riguarda tutti, è una necessità fondamentale, per due motivi: il primo perché dobbiamo incidere sul sistema, fare sentire la nostra voce, il secondo perché così facendo possiamo anche migliorare la nostra stessa capacità di innovazione.
La partecipazione ha una potenzialità enorme: riformare noi stessi. È proprio tramite la partecipazione, il confronto, lo sforzo di articolare per gli altri le nostre posizioni, che troviamo le risorse e le energie utili a chiarire i punti delicati, ad integrare le nostre idee, a formare nuovi legami e, quindi, a conquistare nuove capacità per intervenire in modo originale nel mondo.
Coinvolgersi in un’iniziativa non vuole dire consumare energie, ma acquisirne di nuove. Tutti gli imprenditori sanno che intraprendere una nuova iniziativa non vuole dire sostanzialmente consumare più risorse, ma trovare più forza, per fare più cose, meglio.
Per questo AIF assieme all’Università di Milano-Bicocca ha promosso un’iniziativa che vuole rompere gli schemi e realizzare processi formativi collettivi che permettano alla comunità raccolta attorno allo sviluppo delle risorse umane di rafforzare i propri legami, di chiarire e condividere le idee sulle priorità su cui spendersi e di far sentire la propria voce presso gli attori istituzionali del paese.
Questa iniziativa, chiamata “Stati generali della Formazione e del Lavoro”, partirà a giugno 2019 per concludersi a novembre, dopo sei mesi di intenso lavoro dedicato a redigere, tramite la collaborazione di tutte le componenti del sistema, il primo libro bianco delle priorità del sistema italiano della formazione.
Gli “Stati generali della Formazione e del Lavoro” sono una proposta nuova e dirompente nella scena della formazione italiana. Aziende, professionisti della formazione e istituzioni saranno chiamate ad esprimersi e a confrontarsi concretamente, di persona e tramite le tecnologie della comunicazione, per tracciare insieme la mappa del cammino che sarà necessario intraprendere nei prossimi anni.
Il percorso si articolerà tramite due serie di attività principali 1) un workshop permanente contraddistinto da cinque appuntamenti tematici e 2) due convegni conclusivi, il primo dedicato a condividere e validare le priorità definite e il secondo a discuterle con i più alti rappresentanti delle istituzioni.
Discuteremo con i massimi esperti dei settori di cinque argomenti o, meglio, famiglie di argomenti fondamentali per il futuro della società e per le imprese italiane, cercando di far circolare le opinioni e i contributi di tutti i partecipanti assieme alle riflessioni e ai punti di vista di panel qualificati: 1) Filiera istituzionale e formazione continua; 2) Cultura, capitale sociale e territorio; 3) Digital transformation; 4) Innovazione sociale e nuovi scenari economici; 5) Giovani, patto generazionale e intercultura.
Riteniamo che sia impossibile progettare iniziative di sviluppo per la formazione continua senza tenere sullo sfondo o non avendo preso in considerazione le tendenze della società su queste cinque direttrici.
In conclusione, tramite un percorso che ci permette di migliorare e quindi di riformare noi stessi, abbiamo la possibilità di incidere su tutto il sistema: per riformare il sistema potremo partire dalla nostra capacità di partecipare e di promuovere innovazione.
Speriamo che tutto questo rispecchi lo spirito di quelle utopie che Adriano Olivetti avrebbe avuto il coraggio di promuovere e l’entusiasmo di realizzare, facendo da agente catalizzatore della comunità di chi lavora con e per le risorse umane verso una migliore opportunità di sviluppo del paese.
Il dibattito su quali siano le priorità e su chi abbia la responsabilità nell’attivazione dei processi è forte e ognuno di noi ha un’opinione sufficientemente definita. Non posso negare che assai spesso si vede emergere la tendenza ad identificare i problemi o ad addossare le responsabilità a qualcuno o qualcosa abbastanza lontano da noi stessi, o troppo complesso per poter essere risolto: i politici in generale, il governo (o i governi passati), la crisi, le banche, i giovani che non hanno più voglia di lavorare ed altri luoghi sufficientemente comuni per sembrare verosimili.
Per innovare e proporre qualcosa di nuovo, sia esso incrementale o radicale, dobbiamo fare in modo che le persone siano supportate da conoscenze avanzate, da una motivazione profonda e dalla maturità sufficiente per staccarsi dagli schemi in uso nella loro comunità organizzativa e nel settore di attività nel quale operano. Queste capacità di aggiornare costantemente le proprie conoscenze e di mantenere forte la propria motivazione si conquistano e si mantengono solo tramite percorsi di formazioni continua formali o informali.
La partecipazione ha una potenzialità enorme: riformare noi stessi. È proprio tramite la partecipazione, il confronto, lo sforzo di articolare per gli altri le nostre posizioni, che troviamo le risorse e le energie utili a chiarire i punti delicati, ad integrare le nostre idee, a formare nuovi legami e, quindi, a conquistare nuove capacità per intervenire in modo originale nel mondo.
Gli “Stati generali della Formazione e del Lavoro” sono una proposta nuova e dirompente nella scena della formazione italiana. Aziende, professionisti della formazione e istituzioni saranno chiamate ad esprimersi e a confrontarsi concretamente, di persona e tramite le tecnologie della comunicazione, per tracciare insieme la mappa del cammino che sarà necessario intraprendere nei prossimi anni.
Riteniamo che sia impossibile progettare iniziative di sviluppo per la formazione continua senza tenere sullo sfondo o non avendo preso in considerazione le tendenze della società su queste cinque direttrici.