ENRICA POLTRONIERI
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Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?
Proprio perché lo scenario in cui si muovono le organizzazioni è in forte evoluzione e anche all’interno i cambiamenti impattanti sono frequenti, credo che il formatore oggi, molto più che in passato, debba co-produrre metodi e strumenti più sofisticati e di ampio respiro.
In fase progettuale penso che l’implicazione di molteplici persone sia irrinunciabile. Con questo intendo non solo intervistare i nostri committenti; ma raccogliere i pareri, le esperienze, il percepito della realtà aziendale e del proprio ruolo e le attese di futuri corsisti, indagare l’impatto della loro attività sui clienti esterni/interni a valle e i colleghi di gruppi interfunzionali, le aspettative dei loro capi, ecc. Che questo avvenga di persona, via Skype, in un gruppo riservato o via mail, dipende dalle condizioni di contesto. Ciò porterà a delle ipotesi di lavoro da condividere nella triangolazione tra formatore, committenza e partecipanti per affinarle. Nella fase di progettazione e di formazione attiva credo debbano essere implicati, ogni volta che la richiesta è complessa, formatori con differenti, integrabili competenze. Proprio perché le realtà sono estremamente articolate e in evoluzione, non penso possa esistere il formatore competente su ogni aspetto e quindi far parte di un network ben integrato di colleghi con approcci diversi è una reale ricchezza.
La formazione già oggi si avvale di momenti in presenza e una continuità di contatto con vari strumenti, da contributi video, affiancamenti on–line e altri, da perseguire attraverso ciò che la tecnologia ci mette a disposizione.
Quello che molto mi interessa è come facilitare i partecipanti nell’applicazione di quanto appreso perché risulti facile ed efficace. Oltre a creare occasioni di supporto virtuali o di persona, penso che si debba anche mantenere attivo il contatto con i manager incontrati in fase progettuale, perché agiscano da facilitatori sul campo, con l’aiuto dei formatori/consulenti/coach.
La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?
Mi è capitato più volte di osservare che tools creati con la finalità di rendere le persone dell’organizzazione in grado di lavorare in modo più attuale e proiettato al futuro, si rivelino dopo poco per chi li usa una complessità in più da gestire. Chi si occupa di formazione professionale penso debba non solo occuparsi di rendere questi strumenti conosciuti e recepiti come vantaggi, ma anche far passare la logica del “work in progress”: la tecnologia disponibile oggi è questa, non necessariamente perfetta, è migliorabile con il feed-back dei colleghi ed è un tassello che segnerà la strada verso future tecnologie, sollecitando entusiasmo verso nuove possibilità in misura maggiore del timore che possono generare. Sfida non facile.
I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?
Lavoro da molti anni sulle metodologie creative finalizzate all’innovazione, sia come formatrice, sia come facilitatrice per gruppi con obiettivi specifici di innovazione. Credo che la formazione debba avere come prerequisito di successo un reale impegno dell’organizzazione a portare avanti progetti innovativi che ben rispondano alle strategie aziendali. Devono essere definiti e resi noti a chi partecipa alla formazione gli obiettivi, i criteri a cui attenersi, l’impegno dell’azienda e l’intero processo attraverso cui l’organizzazione realizza innovazione. Scoprire che attraverso le metodologie creative si arriva a generare un buon numero di idee innovative interessanti è gratificante, applicare dei criteri di scelta aziendali è motivante, costruire un progetto è entusiasmante. Ma c’è ancora molto lavoro da fare: in alcune aziende incide tuttora il “peso” dell’anzianità aziendale e i giovani in breve tempo capiscono che è meglio esprimersi solo dopo aver ascoltato i senior e con prudenza (questo anche quando il dichiarato è valorizzare l’apporto delle nuove leve). In altri casi si trovano manager che (inconsapevolmente?) hanno un comportamento critico nei confronti di idee lontane dalle proprie. Altre proposte si “perdono” lungo il processo per l’innovazione senza che vengano rese note motivazioni che consentirebbero apprendimento. La formazione deve quindi suggerire/includere attività finalizzate a superare questi ostacoli.
La formazione già oggi si avvale di momenti in presenza e una continuità di contatto con vari strumenti, da contributi video, affiancamenti on–line e altri, da perseguire attraverso ciò che la tecnologia ci mette a disposizione.
Quello che molto mi interessa è come facilitare i partecipanti nell’applicazione di quanto appreso perché risulti facile ed efficace. Oltre a creare occasioni di supporto virtuali o di persona, penso che si debba anche mantenere attivo il contatto con i manager incontrati in fase progettuale, perché agiscano da facilitatori sul campo, con l’aiuto dei formatori/consulenti/coach.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?