FRANCESCO CIAPONI
Cassa di Risparmio di San Miniato |
L’innovazione tecnologica sta trasformando le relazioni umane, e il cambiamento è stato percepito anche all’interno delle organizzazioni e delle aziende con cui collaboriamo. La formazione deve innovare metodi, strumenti e spazi al fine di valorizzare la persona in un contesto sempre più digitalizzato. Quali sono i principali cambiamenti da realizzare? Il cambiamento porta con sé elementi positivi? e quali?
Personalmente ritengo che il primo cambiamento da adottare sia quello relativo alle barriere comunicative che, ancora oggi, molte delle realtà aziendali mantengono al loro interno. Il tema della trasparenza delle informazioni, con particolare riferimento al mondo della intranet ed agli altri strumenti di lavoro deve essere necessariamente il punto di partenza di un processo culturale più che tecnologico che, a mio parere, è già in una fase più avanzata di quanto pensiamo. Superare le paure della condivisione orizzontale che prescinda in parte dalle gerarchie organizzative e supportare un generale innalzamento della cultura collaborativa devono essere i driver di un cambiamento che non deve essere visto come riconducibile esclusivamente alla strumentazione tecnologica, ma come trasformazione e adeguamento della realtà aziendale al mondo che ci circonda. La responsabilizzazione dei colleghi rispetto al proprio ruolo all’interno delle organizzazioni porta ad un approccio più attivo che genera valore diffuso; la relazione diretta e maggiormente liberata fra il personale stimola un circolo vizioso che, superata la prima fase di comprensibile difficoltà, può solamente portare benefici.
La formazione, da parte sua, deve facilitare questo processo, stimolare e guidare le nuove forme di relazione. Proporre un’offerta trasversale, disomogenea e flessibile, in modo da rispondere ad una domanda sempre più destrutturata e approfondita.
Infine il tema degli analytics. L’importanza dell’utilizzo dei dati e della loro analisi strategica, non può più essere considerato secondario nemmeno dal mondo della formazione che, ahimè, risulta invece asserragliato dietro ad un muro di conservatorismo che difficilmente potrà salvarsi di fronte all’oramai noto fenomeno della disruptive innovation che presto investirà anche il nostro mondo.
I sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di imparare prospettando nuove forme di vita, cioè entità sensienti di cui non possiamo prevedere, né tanto meno guidare, lo sviluppo. Come questo processo di rapido sviluppo tecnologico, che riguarda la produzione dell’intelligenza collettiva si può legare a etica e valorizzazione della cultura nei processi organizzativi aziendali? In che modo la formazione può supportare la persona affinché possa contribuire all’innovazione senza subirla passivamente?
La formazione che vedo dovrà parlare alla singola persona, portatrice di un’unicità comprensiva di interessi, richieste, valori e potenzialità a cui saper dare risposte diversificate. Come accade già oggi, sempre più in futuro la formazione dovrà sviluppare le proprie competenze manageriali andando ad intercettare le migliori risposte a quelle esigenze formative che si fanno sempre più specifiche e granulari. Tali risposte saranno caratterizzate da linguaggi, modalità e strumenti molto più diversificati che in passato e dovranno essere il più possibile immediate, fruibili e misurabili.
Per rispondere alla sfida della molteplicità e della flessibilità, la formazione dovrà dotarsi di competenze e strumentazioni che le permettano di conoscere i trend futuri con precisione attraverso analisi di analytics provenienti da ecosistemi anche lontani da loro. I nostri clienti del domani non potranno più essere considerati solo per il lato che abbiamo conosciuto fino ad oggi, quello lavorativo, perché la loro interazione con i media ci dirà molto di più delle loro esigenze formative rispetto a quanto pensiamo. Vedo quindi il lavoro del formatore come un consulente che cura la salute lavorativa conoscendo in profondità la persona nella sua unicità e sapendo prevedere quelle che saranno le sue richieste formative all’interno del suo percorso di crescita. Solo così saremo in grado di essere pronti e tempestivi nel continuo flusso di esigenze.
Per essere formatore un domani quanto mai prossimo, oltre alle competenze manageriali e tecnologiche, ritengo sia però altrettanto utile, se non necessaria, una certa dose di sfrontata pazzia. Una pazzia funzionale a scoprire altre strade e altri linguaggi con cui parlare ad un futuro che potrà darci ancora scommesse da vincere.
La formazione che vedo dovrà parlare alla singola persona, portatrice di un’unicità comprensiva di interessi, richieste, valori e potenzialità a cui saper dare risposte diversificate. Come accade già oggi, sempre più in futuro la formazione dovrà sviluppare le proprie competenze manageriali andando ad intercettare le migliori risposte a quelle esigenze formative che si fanno sempre più specifiche e granulari. Tali risposte saranno caratterizzate da linguaggi, modalità e strumenti molto più diversificati che in passato e dovranno essere il più possibile immediate, fruibili e misurabili.
Per rispondere alla sfida della molteplicità e della flessibilità, la formazione dovrà dotarsi di competenze e strumentazioni che le permettano di conoscere i trend futuri con precisione attraverso analisi di analytics provenienti da ecosistemi anche lontani da loro. I nostri clienti del domani non potranno più essere considerati solo per il lato che abbiamo conosciuto fino ad oggi, quello lavorativo, perché la loro interazione con i media ci dirà molto di più delle loro esigenze formative rispetto a quanto pensiamo. Vedo quindi il lavoro del formatore come un consulente che cura la salute lavorativa conoscendo in profondità la persona nella sua unicità e sapendo prevedere quelle che saranno le sue richieste formative all’interno del suo percorso di crescita. Solo così saremo in grado di essere pronti e tempestivi nel continuo flusso di esigenze.
Per essere formatore un domani quanto mai prossimo, oltre alle competenze manageriali e tecnologiche, ritengo sia però altrettanto utile, se non necessaria, una certa dose di sfrontata pazzia. Una pazzia funzionale a scoprire altre strade e altri linguaggi con cui parlare ad un futuro che potrà darci ancora scommesse da vincere.