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Gianluca Imbriani

Categories: AIF,Interviste

  

GIANLUCA IMBRIANI

Consulente e Formatore Aziendale

La formazione esperienziale permette metodologie coinvolgenti sia dal punto di vista del singolo che del gruppo, attuando progetti che consentono alle persone di rielaborare le riflessioni e applicarle quindi nel quotidiano. Tra queste, spicca la Gamification.
Quali sono i vantaggi? Quali sono le difficoltà d’uso? Quale fattore può far riscontrare un maggior engagement dal punto di vista dei partecipanti?

Dal mio punto di vista e in relazione alle esperienze fatte come consulente e formatore non posso che essere un accanito sostenitore della formazione esperienziale. Ma cosa dobbiamo intendere per formazione esperienziale? Da un mio punto di vista l’”esperienza” è qualcosa che ci fa crescere, che ci rende ogni giorno dei professionisti e delle persone migliori. Questa esperienza la possiamo vivere ogni momento a prescindere che ci relazioniamo con colleghi, capi, esperti, ecc.

Lo sforzo che a mio avviso ogni formatore deve provare a fare è quello di riuscire a sviluppare questa idea in ogni contesto formativo. La formazione esperienziale quindi non può essere limitata, come spesso accade, esclusivamente ai contesti di apprendimento esterni all’azienda (i così detti outdoor training) dove la situazione più coinvolgente, stimola facilmente la messa in pratica di dinamiche replicabili nei contesti lavorativi. E quando siamo in un contesto più classico, nelle tradizionali aule formative, dobbiamo tornare alla “vecchia” formazione in cui una persona parla e molti ascoltano? Ciò che sempre più spesso mi capita di ottenere come feedback nelle aule è la necessità di liberarsi da formalismi e di mettere da subito in pratica ciò che si studia e analizza; e possibilmente su casi pratici che riguardano l’azienda. Nei contesti organizzativi (in particolare al sud) c’è bisogno di soluzioni, di provare qualcosa che non si è abituati a fare. La formazione deve, a mio avviso, dare questa opportunità!

In tal senso bene si inserisce il concetto di alternanza scuola-lavoro… ma soltanto se l’esperienza che offriamo ai ragazzi è davvero formativa ed esperienziale. Oggi la scuola è lontana dalle dinamiche aziendali e i ragazzi si trovano impreparati ad affrontare il mondo del lavoro (molto spesso anche redigere un curriculum vitae diventa complesso!). L’alternanza quindi diventa utile soltanto se da un lato le scuole preparano gli studenti a stare in un contesto di lavoro (fatto di responsabilità, regole e tante cose da fare in poco tempo) e dall’altro le aziende guardano all’alternanza come un’opportunità e non come un peso. Se fare alternanza deve significare vivere un’esperienza simile a quella che in passato i ragazzi affrontavano con gli stage non retribuiti (dove al massimo si imparava ad usare un copiatore) allora questo sistema è destinato a fallire.

A partire dalla formazione (che deve essere vissuta come un’opportunità e non come una punizione!) sono tante le dinamiche che si possono sviluppare per migliorare il benessere delle persone in azienda. Ma si tratta esclusivamente di un approccio culturale e non una questione tecnologica. Lo sviluppo tecnologico deve rappresentare una facilitazione ma resta strumentale alla persona. Quindi prima di tutto impegniamoci tutti a prenderci cura delle persone, del nostro team e con loro individuiamo le soluzioni migliori per generare benessere, un clima aziendale che stimoli crescita e collaborazione e non malumori.


 

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