GIULIO DESTRIDigital Transformation Advisor, Business Coach & Trainer |
Che vantaggi può offrire la Gamification a livello esperienziale?
Ogni cambiamento, nella quodianità del lavoro, viene spesso visto con sospetto quando non rifiutato e/o boicottato, soprattutto perché visto come un aggravio dei compiti. La gamification può essere un valido strumento anche per fare accettare il cambiamento facendone vedere gli aspetti positivi e “smorzando” i percepiti aspetti negativi. Ma prima è necessario creare una forte consapevolezza di quello che si sta compiendo e dei suoi vantaggi, con case history e dati oggettivi alla mano.
Troppe volte di fronte a questo tipo di approccio si sentono obiezioni come “che bello giocare… ma ora torniamo al lavoro” oppure “bello ma inapplicabile nella pratica” o peggio ancora “non perdiamo tempo con queste cose, dobbiamo lavorare”. A mio parere molte aziende, soprattutto micro-aziende e pmi, non sono pronte per adottare questo ed altri approcci degli ultimi anni in quanto ancora “prigioniere” di una cultura di impresa obsoleta.
Quali strategie un’azienda oggi può adottare per il Well-Being della persona?
Tante indagini, correlate da statistiche chiare, hanno dimostrato fuori da ogni dubbio che il Well Being in azienda è fondamentale, sia per la salute dei dipendenti, sia per la produttività ed efficienza dell’azienda stessa. A mio parere uno degli aspetti più importanti per il Well Being è il work-life balance, che significa non soltanto lavorare un numero non eccessivo di ore nella giornata, ma anche e soprattutto fare coesistere il lavoro con la vita personale e gli impegni familiari. Se posso organizzare il mio lavoro in modo tale da distribuire i compiti nella giornata senza vincoli, garantendo comunque il loro completamento, se posso evitare di andare in ufficio tutti i giorni, sostituendo questo con una o due riunioni settimanali di coordinamento e per il resto gestire i miei compiti in autonomia o coordinandomi direttamente con le altre persone coinvolte, i miei risultati saranno migliori.
Chiaramente questo non è possibile per tutti i compiti (pensiamo ad esempio agli operai in una linea di produzione). E prevede una responsabilizzazione ed una consapevolezza del proprio compito da ambo le parti. Il che è ancora piuttosto raro nel panorama italiano.
Quali competenze saranno richieste dalle aziende nel futuro mercato del lavoro?
Restringo l’ambito di questa risposta al settore particolare delle aziende in cui la tecnologia è il core business, che conosco molto bene. Fermo restando che nel prossimo futuro ci saranno lavori che oggi ancora non esistono, consideriamo solo il compito di realizzare prodotti tecnologici (ad esempio ICT). In questo caso possiamo individuare 4 categorie di ruoli:
– Chi deve definire cosa una soluzione/prodotto tecnologico deve fare e quindi quali sono le sue caratteristiche tecniche (oggi corrispondente ai ruoli del Business Analyst o Product Owner); servono visione di insieme ad alto livello, grandi capacità di comunicazione ed empatia con i clienti finali, conoscenza dello stato dell’arte delle potenzialità tecnologiche ad alto livello;
– Chi deve tradurre le caratteristiche funzionali della soluzione in un insieme organico di “componenti” tecnologici, senza perdere la visione di insieme (oggi corrispondente ai ruoli di System / Software Architect); servono visione di insieme ad alto livello, problem solving, conoscenza approfondita di tante tecnologie diverse o capacità di fare parte di un team di esperti “verticali”… e aggiornamento continuo rispetto alla evoluzione tecnologica;
– Chi deve realizzare le singole parti della soluzione (oggi corrispondente ai ruoli dei developer); servono competenze verticali sul proprio componente, molto approfondite e aggiornamento continuo; a tale proposito è emblematico il caso degli sviluppatori specialisti nella realizzazione di interfacce utente web “responsive”, quindi adatte a funzionare su tutti i dispositivi come PC; tablet, smartphone ecc…; il tempo di vita delle librerie software usate per realizzare tali elementi è breve (2-3 anni), poi si passa a versioni successive; le aziende lamentano spesso la estrema difficoltà di trovare figure specializzate per questi compiti;
– Chi deve gestire i progetti durante tutto il loro divenire (oggi corrispondente ai ruoli dei Project Manager), per cui servono leadership, problem solving, comunicazione, visione di insieme del progetto, time management…
Il cambio generazionale, soprattutto nelle aziende padronali, è fondamentale per la sopravvivenza dell’azienda stessa. Il passaggio di solito dovrebbe avvenire verso un management “professionale” con la adeguata preparazione, riservando la proprietà al ruolo di azionista. Ma va affrontato con le opportune cautele: un manager proveniente da un’azienda strutturata non sempre è adatto ad un’azienda padronale. La crescita di figure interne può essere una soluzione. Purtroppo ogni azienda è a se stante e la soluzione più adatta va valutata caso per caso. La cosa importante è che la proprietà diventi consapevole che quello che ha reso l’azienda “di successo” sino ad oggi o nel passato, non necessariamente, in un mercato instabile ed in continuo mutamento, può essere ancora la chiave per la sopravvivenza nel futuro. Vale sempre la famosa frase di Charles Darwin sulla sopravvivenza legata alla capacità di (rapido) adattamento.