fbpx

Giuseppe Amato

Categories: AIF,Interviste

  


GIUSEPPE AMATO


Advanced Professional Counselor and Trainer
Nel 2017 consegue il Master in Assessment & Development Center e comincia a collaborare con diverse aziende come consulente per la progettazione e l’implementazione di interventi di Assessment, Career Management e Talent Management. Nel 2019, dal Friuli si trasferisce a Milano, dove comincia la sua collaborazione con la società Avalore srl per attività di Progettazione, Counseling organizzativo, Training, Coaching, Assessment.
Agevolatore nei processi di cambiamento aziendale e Executive Coach di CEO, Dirigenti e Team leader, agisce nelle aree di autoconsapevolezza, leadership, intelligenza emotiva, management facilitante, self-efficacy e changeability.

Come Consulente, Coach e Trainer gli riconoscono empatia e intuizione, pensiero strategico e adattamento creativo, capacità di analisi e problem solving, attitudini che gli consentono di porsi al servizio di individui e gruppi in una partnership efficace, capace sostenere il raggiungimento dei suoi obiettivi
e di generare evoluzione tanto nelle persone quanto nei sistemi organizzativi.

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

La sfida della complessità e dell’incertezza, che i contesti aziendali devono fronteggiare, coinvolge inevitabilmente gli ambiti HR, in quanto investiti della funzione di governare e accompagnare la dimensione umana delle aziende. Sono le risorse umane, di fatto, ad essere chiamate a farsi carico di tale sfida, assumendosi rispetto ad essa la responsabilità di gestirla in modo funzionale al benessere e allo sviluppo individuale e organizzativo. Ritorna utile a tal proposito riferirsi alla concezione gestaltica di azienda come organismo vivente in continua interazione con il proprio ambiente ecologico, commerciale, produttivo all’interno del quale si adatta. Sappiamo, per esempio, che l’organismo umano è animato da una tendenza autoregolatrice in virtù della quale monitora e verifica costantemente le proprie funzioni fisiologiche e i propri movimenti, apportando immediate modifiche con il fine di ripristinare il proprio equilibrio. La mancanza di questa attività fondamentale ci impedirebbe di vivere. Consideriamo, pertanto, anche l’azienda come un grande organismo, con i propri bisogni e funzioni, comprese quelle di controllo.

Il benessere sul lavoro e la competitività aziendale dipenderanno anche dalla presenza e dal corretto funzionamento di questi meccanismi di verifica e di autoregolazione che le aziende metteranno in atto. Ne deriva l’importanza per un’azienda di dotarsi di sistemi di assessment strutturato, il cui scopo non sarà quello di esporre a giudizi le proprie risorse o di pressarle perché forniscano prestazioni elevate, ma piuttosto quello di offrire loro uno stimolo, una motivazione attraverso un riscontro sul proprio operato, un modello con cui confrontarsi. La valutazione delle prestazioni e del potenziale può costituire, pertanto, un valido “sentiero” che l’azienda può intraprendere, offrendo alle persone uno strumento per diventare consapevoli dei propri talenti, delle proprie attitudini ed aree di miglioramento. I nuovi insight che ne deriveranno costituiranno la base da cui partire per intraprendere altrettanti “sentieri” formativi personalizzati e rispondenti alle peculiarità individuali.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

Tuttavia, la consapevolezza del proprio potenziale e delle proprie competenze, quale generatrice di “sentieri” di sviluppo per la crescita personale e professionale, fa ancora riferimento a modelli esterni che non tengono conto di aspetti più profondi della persona, aspetti che possono essere esplorati solo al di fuori di contesti valutativi e che rimandano ancora una volta a quella naturale tendenza autoregolatrice dell’organismo umano. Qui entra in campo un livello diverso di consapevolezza, un livello che precede la capacità della persona di riconoscere i propri talenti e le proprie competenze e che riguarda la sua disponibilità ad entrare in quello stato che l’approccio della Gestalt definisce “vuoto fertile”. Esso indica quella particolare condizione in cui la persona si ferma e si prende il tempo di osservare ciò che accade, sospendendo il giudizio e le interpretazioni, facendo tacere le voci di credenze ed influenze culturali, sospendendo anche eventuali richieste e pressioni presenti nel campo aziendale. È il momento in cui l’individuo si apre all’esperienza così come essa si presenta, istante dopo istante, diventando consapevole dei propri bisogni e desideri più autentici.

Sarebbe importante che le aziende dessero un più decisivo impulso, affinché le proprie risorse umane acquistino sempre più familiarità con questi principi propri della filosofia e della spiritualità orientale, affinché la disposizione a “fermarsi per essere consapevoli” diventi man mano pratica consolidata nella cultura organizzativa con ricadute sul benessere aziendale a più livelli. Ben vengano, quindi, “sentieri” formativi che insegnino alle persone la pratica della consapevolezza. La Mindfulness e altre tecniche di meditazione possono apportare un grande contributo al wellbeing organizzativo. Da Goleman in poi diversi lavori di ricerca in aziende in cui sono stati proposti ai dipendenti percorsi di meditazione hanno confermato l’efficacia degli stessi e le ricadute che la pratica meditativa ha sull’intelligenza emotiva e sulle competenze ad essa connessa, con un generale miglioramento delle performance e del clima organizzativo.

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

La generazione Z ha dimostrato di voler entrare – a ragion veduta – nelle tematiche di sostenibilità e ambiente, anche se stimolate dalla figura/guru di Greta Tumberg. La Città è già in fiamme ha evidenziato l’urgenza dei temi green ma non solo, ha potuto dimostrare come in modo repentino queste generazioni abbiano superato il proprio individualismo per una causa e azione comune. Allo stesso modo dovranno sostenere il cambiamento con l’entrata nel mondo del lavoro.

Quali sono quindi i percorsi formativi che si potranno mettere in pratica per supportare i giovani che entrano nella dimensione organizzativa lavorativa, dove necessariamente si dovranno favorire l’attivazione di atteggiamenti di cooperazione e collaborazione nei rapporti interpersonali e di gruppo, superando le individualità del singolo?

Da tale prospettiva, quindi, anche il tema della consapevolezza rimanda a quell’approccio olistico che guarda all’azienda come ad un organismo vivente in cui ogni parte, se ben funzionante, contribuisce allo sviluppo della totalità. Tale paradigma sembra essere emergente nella Generazione Z, più attenta, rispetto a quella precedente, alla trama di connessioni che legano in modo interdipendente gli individui, le organizzazioni, i fenomeni sociali e culturali. Si tratta di una sensibilità culturale nuova che, in quanto tale, coesiste e continua a fare i conti con i rigurgiti dell’individualismo e che, pertanto, non sempre si traduce in una conseguente assunzione di responsabilità rispetto all’ambiente naturale, relazionale e socioculturale. Ciò nonostante è innegabile come proprio la Generazione Z stia sollevando il richiamo all’interdipendenza quale nuovo modo di essere-nel-mondo, promuovendo un cambiamento che coinvolge inevitabilmente anche le culture organizzative. Ecco, allora, che anche nelle aziende il tema della collaborazione si impone come unica possibile strategia relazionale e comportamentale che assicuri alti livelli di performance dell’organizzazione. Fare ALLEANZA, cooperare in vista del raggiungimento dei comuni obiettivi di business sembra essere il nuovo “mantra” aziendale.

Nei processi di Talent Acquisition diventa, quindi, imprescindibile disegnare ed implementare sentieri formativi che, facendo leva su questa nuova sensibilità, insegnino a costruire ALLEANZE, favorendo l’attuazione della potenziale disposizione alla cooperazione delle giovani generazioni. Percorsi che saranno tanto più efficaci quanto più saranno strutturati sulla base di metodologie altamente esperienziali, per fare in modo che i temi della collaborazione e dell’interdipendenza non restino su un piano ideale, ma diventino competenze incarnate nella concretezza di comportamenti, che diventeranno forza propulsiva dell’organismo-azienda, contribuendo alla competitività dello stesso di fronte alle richieste di un mercato complesso.


 

Torna all’elenco delle interviste

0