GIUSTINA IADECOLA
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Lo scenario economico e sociale è in continua e rapida evoluzione: la trasformazione digitale ha abbracciato quasi tutti i settori ed è protagonista nei principali mercati. Oggi tuttavia la crescita delle complessità e il timore nei confronti della tecnologia, sempre più pervasiva, sembrano ostacolare il percorso che porta al sviluppo della persona, in un contesto di interazione con le organizzazioni. Il fattore umano è riconosciuto come la soft-skill principale per il moto dell’evoluzione della nostra specie, ma ci sono ancora perplessità sulla direzione che deve prendere per portare a una nuova, vera innovazione. Come può la formazione incrementare l’impatto del fattore umano per infondere alle persone e alle organizzazioni il coraggio di affrontare nuove sfide in un contesto così dinamico?
Personalmente ritengo che la formazione rivesta un ruolo fondamentale ed imprescindibile per il conseguimento degli obiettivi aziendali e la valorizzazione del fattore umano sta alla base di qualunque processo organizzativo modernamente inteso. Tuttavia, termini quali “budget”, “KPI”, “visibilità” e “fatturato” di fatto a volte allontanano gli imprenditori da una visione collaborativa e partecipata alla realtà aziendale, riecheggiando il ricordo di una visione quasi di stampo taylorista del lavoratore, dove gli aspetti psicologici non rappresentavano di certo il fulcro dell’attività produttiva. Seppur, come ricordato, il fattore umano sia centrale per l’implementazione di qualsiasi soft-skill, a volte, nel quotidiano si tende a perdere di vista questo assunto di base, a scapito della produttività stessa. Di conseguenza ritengo che il vero coraggio riguardi proprio una maggiore valorizzazione della risorsa umana psicologicamente intesa, tesa alla creazione di un clima aziendale di serena collaborazione, in cui i lavoratori si sentano partecipi della mission aziendale da perseguire. E’ attraverso una formazione mirata del personale, che tenga necessariamente conto della costante e continua evoluzione tecnologica dell’odierna “società liquida”, che i processi aziendali possono essere migliorati, influenzando positivamente il successo dell’impresa stessa. Le tecnologie per la formazione sono di certo utili al conseguimento di questo obiettivo, ma l’interazione vis-à-vis, lo scambio di idee, di valori, non può e non deve venir meno. E’ questa secondo me la vera innovazione: investire nel capitale umano e sviluppare contestualmente delle politiche integrative che siano in grado di soddisfare le esigenze emozionali delle persone.
Nel contesto globale contemporaneo la diffusione di informazioni avviene a una velocità incalzante sospinta dalla digitalizzazione. Per questo motivo il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni. Il formatore oggi è la figura che può educare all’uso consapevole della tecnologia, finalizzata al corretto sviluppo della persona. Quali sono i metodi e gli strumenti tecnologici a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitività economica? Quanto questi strumenti influenzano i processi di formazione?
Occupandomi da anni di e-Learning, non posso che scagliare una lancia in favore delle tecnologie per la didattica, a qualunque livello. La formazione online è oggi sempre più utilizzata, ma non di rado mi è capitato di osservare che si ricorre ad essa “semplicemente” per ridurre drasticamente i costi dell’aula, del docente e di tutti quegli aspetti che ruotano attorno all’organizzazione e alla gestione di un corso di formazione classico. Ecco, questo per me non significa utilizzare il mezzo tecnologico per l’empowerment o per lo sviluppo di competenze trasversali sui processi aziendali, né tantomeno rappresenta la garanzia di reale apprendimento. La formazione online, che spesso ci si trova oggi ad implementare, è di tipo erogativo. Una voce che narra le slide che scorrono veloci sullo schermo, scarsa o inesistente interattività, test spesso e volentieri basati sul vero/falso, reiterabili svariate volte, fino al raggiungimento del risultato minimo prestabilito ex-ante in fase progettuale. O ancora, ore ed ore di enucleazione di noiose nozioni teoriche e scarsamente coinvolgenti, sulla base di parametri imposti da normative nazionali vigenti, che non tengono in conto del vero potenziale dell’e-Learning. Apprendere nella Knowledge Society necessita di tutt’altro tipo di impostazione, nonchè della consapevolezza che l’apprendimento può essere anche di tipo informale, situato e basato, spesso, sul learning-by-doing e sulla condivisione sociale di quanto appreso. La tendenza attuale in fatto di formazione online, è quella costituita dal microlearning, dal digital storytelling, dalle simulazioni guidate, dalla gamification, dal mobile learning e da molto altro ancora. Molteplici sono gli strumenti che sono oggi a disposizione dei formatori, e a mio avviso, è davvero un peccato non coglierne appieno le potenzialità. Un’organizzazione che attenziona in modo corretto l’intero processo formativo, che sia esso tradizionale (in aula), o digitale, a partire dall’analisi dei bisogni formativi dei propri dipendenti, fino ad arrivare alla valutazione dell’apprendimento, è un’organizzazione che sa investire in modo sano sul proprio personale, conducendolo di fatto al miglioramento sia in termini personali che aziendali.
La maggior parte delle scoperte, dalle grandi innovazioni scientifiche agli step esperienziali della crescita di ognuno di noi, avvengono attraverso il continuo imbattersi in errori e ostacoli. La possibilità di sbagliare, se circoscritta a un contesto adeguato, è il motore del miglioramento personale. Ad esempio Cristoforo Colombo, imbarcandosi con le 3 caravelle nel 1492, ha colto l’episodio di serendipità più influente nella storia moderna: mirando a raggiungere le Indie, scoprì l’America. Nella serendipità, ovvero la possibilità di imbattersi in felici scoperte per puro caso, è determinante l’influenza della specifica realtà in cui si opera. Il compito del formatore è operare attraverso la centralità della persona, legando tramite l’apprendimento il contesto dello scenario socio-economico allo sviluppo umano.Attraverso quali pratiche il formatore può trasmettere alla persona i mezzi necessari per la crescita dell’individuo nella realtà locale?
Parlando di errori e sbagli mi è venuta subito alla mente una meravigliosa frase di Thomas Edison, resa come risposta ad un impertinente giornalista, che ad una conferenza gli chiese come si sentisse ad aver fallito duemila volte prima di riuscire nel suo intento di migliorare una lampadina. Ebbene, Edison si espresse dicendo: “Io non ho fallito duemila volte nel fare una lampadina; semplicemente ho trovato millenovecento-novantanove modi su come non va fatta una lampadina”. Trovo che sia geniale. Penso che questo sia l’atteggiamento di una persona vincente. Per questo non mi piace dare un’accezione negativa al termine “sbaglio”. Non si tratta di meri fallimenti, di esperienze di cui vergognarsi o addirittura da rinnegare. Gli “sbagli” sono utili e, direi, necessari per avere successo. Serendipità e resilienza si collocano perfettamente in questo scenario. Solo resistendo ai contraccolpi dei fallimenti è possibile scoprire nuove strade, nuove modalità e strategie vincenti. E il formatore in tutto questo possiede, di nuovo, un ruolo centrale. Un paio di strumenti che penso possano essere utili al formatore per la crescita e il benessere dell’individuo nella propria realtà, sono lo storytelling e le tecniche di coaching. Lo storytelling perché, essere in grado di ascoltare attivamente le persone, stimolandole ad utilizzare la narrazione di sè, permette al formatore di cogliere bisogni, aspettative ed esigenze specifiche di ognuno, consentendogli, attraverso il confronto, di orientarne la crescita e lo sviluppo, proprio a partire dall’analisi del vissuto personale di ognuno. La narrazione ha infatti rappresentato da sempre uno strumento indispensabile per la costruzione di significati in vista dell’attivazione di cambiamenti in campo sociale e nei contesti organizzativi. E’ un modo per comprendere il mondo che ci circonda e per trasmettere queste conoscenze, ottenute sulla base dell’esperienza concreta, anche agli altri. Ad esso si lega il coaching, indispensabile per rafforzare il benessere individuale e di gruppo nei contesti di vita personali e lavorativi. Attraverso il coaching il formatore mira all’aumento della motivazione della persona, allo sviluppo delle capacità di problem solving, dell’intelligenza emotiva per costruire relazioni autentiche.
Se è vero che l’azienda di oggi ha maggiore consapevolezza circa la centralità del capitale umano per il raggiungimento dei propri obiettivi di business, non può prescindere dall’implementazione, al suo interno di metodiche volte proprio al potenziamento dei suoi elementi principali: gli esseri umani.