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Luciana d’Ambrosio Marri

Categories: AIF,Interviste

  


LUCIANA D’AMBROSIO MARRI


Sociologa del lavoro, specializzata in psicologia del lavoro, consulente per Selezione, Formazione, Diversity & Inclusion Management, Sviluppo delle Persone e Benessere Organizzativo. Coach e counselor. Autrice. Socia AIF dal 1987

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

Come possono le aziende attraverso i loro reparti HR supportare adeguatamente le nostre scelte in una ottica di “incubator” delle attitudini personali, per farci individuare il giusto sentiero? Quali sono gli strumenti che aiutano le persone a trovare i migliori percorsi formativi volti a valorizzare le proprie attitudini e competenze?

Sistemi di pratica del feedback ciclico con superiori, colleghi e collaboratori offrono alla persona spunti a 360 gradi sulla percezione che gli altri hanno rispetto alle sfaccettature di ruolo agito dalla persona stessa nel contesto organizzativo. Metodi di assessement e di development center aiutano le persone che sono posizionate a livelli di media e alta responsabilità a riflettere sul proprio comportamento organizzativo, sulle letture possibili del gioco delle proprie competenze nella vita d’impresa, sul livello di engagement maturato fino a quel momento e di possibile maggiore potenza nel futuro “immaginato”.

Nella mia esperienza professionale, ho toccato con mano come il development center che veda protagonisti anche i top manager aziendali sia uno strumento molto efficace per fare il punto a tutto tondo in modo autentico, coinvolto, sulla elaborazione e interpretazione della vision aziendale e quindi sulle attitudini e competenze da implementare per un migliore ruolo di guida dell’azienda. Perché è da loro che dipende poi l’efficacia del rapporto con i dirigenti loro collaboratori. D’altronde sono poi costoro che a loro volta hanno la responsabilità di tradurre, comunicare e delineare politiche di raggiungimento obiettivi e di motivazione alla popolazione aziendale che ha la necessità di comprendere il senso del proprio agire e darsi una direzione che abbia significati soggettivi e aziendali.

E’ quindi fondamentale sviluppare e diffondere in azienda una cultura positiva della valutazione e della responsabilità del proprio agire. Modificando, di fatto, il modello culturale tradizionale di una analisi di bisogni basata solo su indagini su macro numeri e su necessità formative presunte sulla base di posizioni organizzative che prescindono dalle persone che le ricoprono.

Metodi di assessment e development center e check ciclici di feedback sono importantissime fonti di elementi sulla base dei quali le persone possono identificare aree di contenuto e di soft skill su cui concordare con la Direzione HR il proprio sentiero: percorsi e strumenti formativi specifici e personalizzati. Sulla base della mia trentennale esperienza professionale nelle organizzazioni e nel mondo del lavoro, oltre la ever green formazione dinamica in aula in piccoli gruppi, strumenti molto efficaci per costruire e affrontare il proprio sentiero sono: il coaching, il team coaching, percorsi di empowerment e leadership femminile, e altri ancora.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

Possono le pratiche di Mindfulness essere un valido aiuto nella consapevolezza dello stato psico-fisico quale fattore fondamentale per il miglioramento della cultura organizzativa aziendale?

La Mindfulness ha ormai una storia qualitativamente importante in diverse aree di applicazione nelle organizzazioni di lavoro. L’idea di centrarsi su se stessi e abbandonare quella sorta di “pilota automatico” che rende la vita anonima e ripetitiva è particolarmente importante nel mondo del lavoro, e non soltanto per i manager e le persone che occupano ruoli di elevata responsabilità.

L’intera riflessione ruota anche intorno alle due grandi sfere della relazione, cioè la relazione con se stessi, intesa sia come mente-corpo, sia come introspezione e conoscenza di sé, e alla relazione con l’Altro; siamo quindi nel campo della formazione e dello sviluppo di qualità umane che rappresentano un asset di rilievo per qualunque “mestiere” professionale e manageriale (sono davvero pochi, oggi, i job che non prevedono l’interazione sociale).

Quindi le attività di formazione e di sviluppo, a livello di gruppo ed individuale, basate sulla mindfulness possono offrire un contributo importante non solo al miglioramento della cultura e del clima organizzativi, ma anche, e forse soprattutto, al miglioramento del mondo soggettivo delle persone che operano in ruoli di responsabilità organizzativa.

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

Quali sono quindi i percorsi formativi che si potranno mettere in pratica per supportare i giovani che entrano nella dimensione organizzativa lavorativa, dove necessariamente si dovranno favorire l’attivazione di atteggiamenti di cooperazione e collaborazione nei rapporti interpersonali e di gruppo, superando le individualità del singolo?

Percorsi di inserimento che vadano oltre la presentazione delle funzioni aziendali in una giornata di incontro ufficiale con l’Azienda, ma che prevedano una temporanea stanzialità (di qualche mese e non “turistica”) dei neo-assunti in ciascuna delle funzioni principali aziendali affidando loro micro progetti di reale e fattiva importanza per l’andamento delle attività di quell’area. Durante questo processo è importante coinvolgerli nella vita di quella funzione, farli partecipare a riunioni, dotarli di un soggetto punto di riferimento che non sia solo il tutor di accompagnamento all’inserimento per questioni “amministrative” ma un soggetto “esperto” di area e di vita aziendale. Ciò aiuta il neo assunto a entrare sì ma soprattutto fin da subito a vivere l’azienda, anche nella sua complessità (e eventuale contraddittorietà), sperimentandosi e confrontandosi non solo con colleghi ma con chi ha un patrimonio e bagaglio di esperienza significativa che può quindi trasferirgli conoscenze non scritte e non solo tecniche, anzi. Costruire alleanze sane e tra le generazioni è crescita, è vita. Anche perché credo che proprio nella vita sia importante avere “buoni Maestri”, meglio se di variegate appartenenze. E questo è possibile realizzarlo anche nelle PMI che sono il 98% del tessuto produttivo italiano, non solo nelle grandi aziende multinazionali.


 

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