MATTEO BOTTO
|
Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?
Parlando del mio lavoro come tutor, mi sento di dire che il principale metodo che utilizzo assieme ai miei colleghi è quello del tutoring individuale, in cui cerchiamo di affiancare i singoli studenti nella delineazione del loro progetto universitario e del proprio metodo di studio. Il poter contare su dei coordinatori (nel nostro caso docenti del nostro Corso di Laurea) sicuramente fa la differenza, così da poter avere continui aggiornamenti sulle tematiche relative all’apprendimento e una supervisione sul nostro lavoro.
Sono da citare inoltre non solo la nostra figura (che potrebbe essere considerata più “generalista”), ma anche i tutor accademici che svolgono un ruolo di affiancamento degli studenti durante l’esperienza di tirocinio: il loro ruolo è fondamentale perché, oltre che aiutare ad affrontare le criticità riscontrate sul posto di lavoro (siano esse di natura relazionale con l’utenza e/o coi colleghi oppure con la concezione della professione in sé), pongono i tirocinanti in una condizione di riflessione sul proprio agire educativo, favorendo lo sviluppo di competenze riflessive necessarie per un mondo del lavoro in continuo cambiamento, come già sosteneva Donald Schön all’inizio degli anni ’80.
La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?
La tecnologia ha segnato un cambiamento radicale nella vita degli studenti universitari: oggi molte pratiche è possibile svolgerle online, ed entrare in contatto con i docenti e con gli altri studenti non è mai stato così facile. Gli effetti positivi che ciò provoca sono una maggiore e più facile circolazione delle informazioni tramite appositi gruppi gestiti dagli studenti stessi su social network come face book o Whatsapp; una più semplice comunicazione con noi tutor; la nascita in alcuni casi di piccole comunità di pratica online che sfociano poi nel territorio: è il caso del Caffè pedagogico, progetto nazionale nato grazie al Dott. Fabio Olivieri e che stiamo organizzando nel torinese con altri miei colleghi per facilitare incontri non solo tra studenti e lavoratori, ma anche tra università e contesto sociale.
Un esempio concreto di quanto il mondo 2.0 possa avere effetti formativi è il neonato progetto Passport.Unito: un gruppo di ricerca composto da docenti del nostro Ateneo, insieme a noi tutor, sta progettando una piattaforma web che delinei le soft skills delle matricole, permettendo loro di poterle potenziare durante la loro carriera universitaria tramite appositi percorsi online e anche in presenza tramite workshops e summer schools. In questo modo si facilita lo sviluppo delle competenze oggi necessarie per il mondo del lavoro, tra le quali ad esempio il problem solving (che sta avendo un’importanza sempre più netta).
I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?
È sempre più chiaro quanto sia importante che enti come l’Università permettano agli studenti di essere il più possibile accompagnati nel proprio progetto di studi, facendoli allo stesso tempo sentire parte della corporate story dell’Ateneo per sviluppare quel senso di appartenenza che nell’epoca della baumiana società liquida stiamo perdendo sia a livello micro che macro, con effetti negativi sulla propria singola percezione di autoefficacia e dunque sulla propria progettualità futura.
Altro aspetto importante è il cercare di coltivare sempre più contatti col territorio (la cosiddetta “terza missione”), permettendo quindi una più semplice circolazione del sapere scientifico tramite incontri, convegni, seminari oppure progettazione di archivi online (si pensi alla piattaforma AperTO, l’archivio istituzionale Open Access destinato a raccogliere, rendere visibile e conservare la produzione scientifica dell’Ateneo, oppure a TUTTO, sistema di Discovery Tool attraverso cui fornire accesso integrato a tutte le risorse bibliografiche dell’Ateneo).
Puntare sul monitoraggio delle soft skill e sugli interventi in presenza su competenze quali la gestione del tempo, la motivazione, l’orientamento all’obiettivo e il metodo di studio non solo permetteranno ad un ente come l’Università di avere una componente studentesca più attiva e motivata, ma soprattutto di poter coltivare i professionisti di domani (e tra di essi anche i tutor), di prendersi cura del futuro della nostra società.
Sono da citare inoltre non solo la nostra figura (che potrebbe essere considerata più “generalista”), ma anche i tutor accademici che svolgono un ruolo di affiancamento degli studenti durante l’esperienza di tirocinio: il loro ruolo è fondamentale perché, oltre che aiutare ad affrontare le criticità riscontrate sul posto di lavoro (siano esse di natura relazionale con l’utenza e/o coi colleghi oppure con la concezione della professione in sé), pongono i tirocinanti in una condizione di riflessione sul proprio agire educativo, favorendo lo sviluppo di competenze riflessive necessarie per un mondo del lavoro in continuo cambiamento, come già sosteneva Donald Schön all’inizio degli anni ’80.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?
Un esempio concreto di quanto il mondo 2.0 possa avere effetti formativi è il neonato progetto Passport.Unito: un gruppo di ricerca composto da docenti del nostro Ateneo, insieme a noi tutor, sta progettando una piattaforma web che delinei le soft skills delle matricole, permettendo loro di poterle potenziare durante la loro carriera universitaria tramite appositi percorsi online e anche in presenza tramite workshops e summer schools. In questo modo si facilita lo sviluppo delle competenze oggi necessarie per il mondo del lavoro, tra le quali ad esempio il problem solving (che sta avendo un’importanza sempre più netta).
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?
Altro aspetto importante è il cercare di coltivare sempre più contatti col territorio (la cosiddetta “terza missione”), permettendo quindi una più semplice circolazione del sapere scientifico tramite incontri, convegni, seminari oppure progettazione di archivi online (si pensi alla piattaforma AperTO, l’archivio istituzionale Open Access destinato a raccogliere, rendere visibile e conservare la produzione scientifica dell’Ateneo, oppure a TUTTO, sistema di Discovery Tool attraverso cui fornire accesso integrato a tutte le risorse bibliografiche dell’Ateneo).
Puntare sul monitoraggio delle soft skill e sugli interventi in presenza su competenze quali la gestione del tempo, la motivazione, l’orientamento all’obiettivo e il metodo di studio non solo permetteranno ad un ente come l’Università di avere una componente studentesca più attiva e motivata, ma soprattutto di poter coltivare i professionisti di domani (e tra di essi anche i tutor), di prendersi cura del futuro della nostra società.