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Maura Di Mauro

Categories: AIF,Interviste

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MAURA DI MAURO

Intercultural Trainer, Coach & Consultant

Lo scenario economico e sociale è in continua e rapida evoluzione: la trasformazione digitale ha abbracciato quasi tutti i settori ed è protagonista nei principali mercati. Oggi tuttavia la crescita delle complessità e il timore nei confronti della tecnologia, sempre più pervasiva, sembrano ostacolare il percorso che porta al sviluppo della persona, in un contesto di interazione con le organizzazioni. Il fattore umano è riconosciuto come la soft-skill principale per il moto dell’evoluzione della nostra specie, ma ci sono ancora perplessità sulla direzione che deve prendere per portare a una nuova, vera innovazione. Come può la formazione incrementare l’impatto del fattore umano per infondere alle persone e alle organizzazioni il coraggio di affrontare nuove sfide in un contesto così dinamico?

La tecnologia ha trasformato il modo di lavorare e di approcciare il lavoro, e a mio parere in modo anche molto positivo e straordinario. Insieme a molte altre persone mi trovo a lavorare quotidianamente a livello internazionale grazie all’uso delle nuove tecnologie (email, call, video-call, strumenti di condivisione agende, di knowledge-sharing, di co-editing di documenti, di project management,…) che consentono una facilità, impensabile fino a qualche anno fa, sia rispetto alla gestione di relazioni internazionali, sia rispetto alla possibilità di coinvolgimento su progetti internazionali, svolti a livello locale e senza necessità di spostamenti. Credo che proprio su questi fronti la tecnologia consenta processi di sviluppo della persona: consente la gestione di relazioni e progetti internazionali, la costruzione di relazioni di fiducia basate sul trust e lo sharing, flessibilità mentale, vision più ampie rispetto a funzioni e processi,…Ovviamente occorre un atteggiamento positivo verso la tecnologia, non certo fatto di paura, ma di curiosità ed esplorazione delle potenzialità degli strumenti di interazione.
Quando però svolgo formazione sulla gestione dei virtual team (o dei gruppi di lavoro a distanza) scopro spesso che le persone, spesso per ottimizzare le tempistiche, tendono a dimenticare il fattore umano nell’utilizzo della tecnologia: ad esempio fissano meeting o bloccano le agende altrui in modo automatico, senza neppure spiegare la motivazione o senza coinvolgere le persone nei processi di definizione delle agende. Questo causa un uso non efficace della tecnologia, che può portare demotivazione o a creazione di conflitti. Prendere del tempo per riflettere sui propri modi di usare la tecnologia, sui propri automatismi, è utile per correggere i comportamenti de-umanizzati all’interno dei contesti e delle pratiche organizzative.
Trovo inoltre il potenziale di digital e big data analysis straordinario; ma queste applicazioni dovrebbero essere integrare in strategie aziendali forti, soprattutto nel settore servizi e retails, legate ad un approccio centrato sul cliente e l’eccellenza dei servizi, che purtroppo lascia sempre più desiderare, soprattutto nel nostro paese. E il fattore umano è determinante su questo fronte. Trovo ancora importantissimi temi di formazione quali la gestione delle relazioni con il cliente, la gestione dei complaint, la comunicazione interna,…che possono fare una grande differenza nella percezione di qualità delle aziende e di trust verso il brand.

 

Nel contesto globale contemporaneo la diffusione di informazioni avviene a una velocità incalzante sospinta dalla digitalizzazione. Per questo motivo il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni. Il formatore oggi è la figura che può educare all’uso consapevole della tecnologia, finalizzata al corretto sviluppo della persona. Quali sono i metodi e gli strumenti tecnologici a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitività economica? Quanto questi strumenti influenzano i processi di formazione?

L’utilizzo corretto della tecnologia è spesso uno dei contenuti della formazione finalizzato allo sviluppo della persona; ad esempio, l’utilizzo di software per l’analisi dei clienti e delle revenues, l’analisi dei dati digital e dei big data, l’utilizzo di strumenti di interazione virtuale o di strumenti digital per la gestione della comunicazione e delle relazioni esterne, etc. Credo questi siano contenuti concreti di formazione, che si traducono in comportamenti concreti delle persone che partecipano alle attività formative, e estremamente utili.
Sempre di più inoltre, le modalità di formazione in presenza sono integrate e a volte sostituite da modalità di formazione a distanza, o virtuali, o talvolta in app. Non sono tuttavia una fan della totale sostituzione, soprattutto laddove l’obiettivo della formazione è sviluppare soft skills relazionali. Trovo le “pillole formative” via web o via app molto superficiali in tal senso, e molto poco efficaci, seppur interessanti da sperimentare. Trovo invece molto interessanti le potenzialità dei webinars, come strumenti di formazione interna anche di divisioni dislocate territorialmente, che consentono la condivisione di una cultura organizzativa ed il confronto. Tuttavia, a gestione di questi “nuovi” strumenti tecnologici e formativi richiede particolari skills da parte del progettista e del formatore.

 

La maggior parte delle scoperte, dalle grandi innovazioni scientifiche agli step esperienziali della crescita di ognuno di noi, avvengono attraverso il continuo imbattersi in errori e ostacoli. La possibilità di sbagliare, se circoscritta a un contesto adeguato, è il motore del miglioramento personale. Ad esempio Cristoforo Colombo, imbarcandosi con le 3 caravelle nel 1492, ha colto l’episodio di serendipità più influente nella storia moderna: mirando a raggiungere le Indie, scoprì l’America. Nella serendipità, ovvero la possibilità di imbattersi in felici scoperte per puro caso, è determinante l’influenza della specifica realtà in cui si opera. Il compito del formatore è operare attraverso la centralità della persona, legando tramite l’apprendimento il contesto dello scenario socio-economico allo sviluppo umano. Attraverso quali pratiche il formatore può trasmettere alla persona i mezzi necessari per la crescita dell’individuo nella realtà locale?

In un mondo così globale, qual è la realtà locale oggi? Ho studenti che spesso a 23-24 anni hanno già vissuto in tre paesi e sanno almeno tre lingue; e questo è solo l’inizio di un loro percorso internazionale e globale. E’ importante che conoscano e siano in gradi di agire in contesti locali, ma quali saranno i loro contesti locali? Forse dall’altra parte del mondo. E’ importante che siano in grado di riconoscere come la cultura e le diversità culturali influenzino i contesti locali, i comportamenti delle persone, le pratiche, i valori e sistemi di aspettative delle realtà locali, ma che siano in grado di agire e prendere decisioni di conseguenza, in modo coerente e appropriato rispetto ai contesti locali in cui si trovano, ovunque si trovino temporaneamente ad agire.
Io mi occupo di formazione interculturale, ed ogni percorso di formazione interculturale centrato sulla persona parte da una prima tappa che è il riconoscimento dell’impatto della propria cultura sui propri comportamenti, sui propri valori e sulle proprie aspettative nell’interazione con l’altro. Questo step è antecedente alla comprensione delle specificità culturali dell’altro. In un contesto sempre più multiculturale e globale credo che percorsi di formazione interculturale siano necessari all’interno di moltissimi percorsi di sviluppo personale e professionale. Credo che altrettanto importanti nella formazione dei giovani e dei futuri manager globali siano temi globali legati alla sostenibilità e al nomadismo o alla cittadinanza globale: diversità culturali e multiculturalismo, sostenibilità e sviluppo sostenibile, contrasto della povertà, migrazioni e mobilità, etica e responsabilità sociale, etc.
Credo anche fortemente nel ruolo di “modello” del formatore, dell’importanza dell’esempio, nella stimolazione e messa in discussione costante. Credo anche che questo ruolo sia più proprio di alcuni contesti di formazione, quali i contesti formativi educativi ed universitari e post-universitari in particolare. Altrettanto importanti secondo me sono i viaggi, in particolare i viaggi studio immersivi come pratica formativa, in quanto attraverso l’esperienza della diversità culturali danno la possibilità di riflettere sulla propria identità e sui propri contesti culturali, oltre che rendere sensibili a tematiche globali.


 

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