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Maurizio Baiguini

Categories: AIF,Interviste

MAURIZIO BAIGUINI

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Formatore e consulente aziendale
Sales management per aziende, reti commerciali e consulenti di vendita

Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?

Sono convinto che la formazione siano una disciplina bilaterale. Il formatore, infatti, trasferisce competenze ai discenti imparando a propria volte le dinamiche relative all’ambiente nel quale esso si muove, e facendone tesoro per le aule successive. Nelle dinamiche attuali il formatore è al centro del triangolo COMMITTENTE-DISCENTE-SCENARIO e come tale funge da fulcro di equilibrio tra l’organizzazione che desidera formare il proprio personale, la persona che vuole imparare ma che al tempo stesso desidera mantenere una spiccata autonomia di pensiero , e gli obiettivi finali dei seminari formativi, che non sempre convergono tra struttura e partecipanti. Ritengo che il metodo per migliorare questa interazione sia la progettualità condivisa, cioè la possibilità data al formatore di incontrare tutti i vertici del triangolo dell’equilibrio sopracitato, poter condividere un cammino e infine realizzarlo in modo da trasferire le corrette dinamiche aziendali a tutti i personaggi coinvolti nella sfera formativa

 

La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?

Nonostante le nuove tecnologie abbiano spazzato, in poco tempo, molte delle modalità cognitive dell’uomo, resto convinto che la tecnologia debba essere un mezzo e non un fine della formazione. L’inserimento sensato e consapevole delle soluzioni tecnologiche in nostro possesso all’interno di un percorso formativo (sia esso esperienziale, documentale o concettuale) deve avvenire in subordine alla condivisione “umana&verbale” dei contenuti e soltanto come facilitatore di apprendimento e non come alternativa. Ben vengano le nuove tecnologie per le aule a distanza, ottimi i nuovi spunti destinati a affiancare il classico power-point, utilizzo spesso simulatori situazionali o altri apparecchi per rendere più coinvolgente il processo di apprendimento, ma sempre in correlazione e mai in sostituzione dell’apporto umano. L’industria 4.0 sarà sicuramente un’industria di nuove tecnologie e proprio per questo il peso dell’apporto umano, sempre più costoso in termini di tempo e emotività, sarà sempre maggiore andando avanti: l’arte del futuro tecnologico, per il formatore, sarà ancora la socratica maieutica.

 

I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?

Non sono in grado di identificare una formazione che possa risolvere il problema di supportare l’evoluzione organizzativa attuale: gli scenari attuali sono in tale e veloce mutazione che chiunque pretenda di conoscere dove sarà l’organizzazione/impresa tra 10 anni si addentra in un’impresa da far tremare i polsi. Credo che, affiancata a preparazione specifica, sarà una formazione sempre più diretta a toccare il maggior numero di skills possibili: probabilmente potrà diventare una formazione sempre più dedicata al “saper fare” che sviluppa il “sapere” che il discente dovrebbe già portare in aula. Problem-solving, gestione del tempo, gestione delle relazioni e dei conflitti interni, utilizzo innovativo di tools esistenti, capacità di fare squadra, team-building, gestione dello stress: queste le soft-skillls che mi sento richiedere oggi dalle aziende che mi chiedono formazione; non posso dire se sarà questa l’evoluzione utile, ma certamente è un’indicazione dominante se guardiamo al breve periodo.


 

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