MAURIZIO MILANDirector EY – Presidente Nazionale Associazione Italiana Formatori |
Quali competenze saranno richieste dalle aziende nel futuro mercato del lavoro?
Diverse sono le competenze che potranno essere richieste domani, sicuramente AIF sarà sempre più presente nel tessuto educativo nel tessuto economico del nostro paese, per individuare e diffondere le competenze che servono per affrontare lo scenario del lavoro e le competenze che servono per affrontare lo scenario del vivere all’interno di una società, sempre in continua evoluzione con la sua velocità e coi suoi cambiamenti.
Per affrontare il tema dobbiamo partire dall’economia italiana che, nonostante la ripresa a singhiozzo, risente strutturalmente di alcune sue criticità antiche, come la carenza di investimenti in innovazione e ricerca, e la scarsa specializzazione nei settori high-tech che hanno condotto il nostro paese in un contesto di bassa crescita e bassa competitività.
I dati per i più giovani non sono incoraggianti:
• il tasso di disoccupazione 59% (luglio 2018) è 8,7 punti più basso della media UE
• La disoccupazione 10,1% (settembre2018) è 2 punti sopra la media UE ma è circa il doppio della media tra i giovani fino ai 24 anni (31,6%)
Nei prossimi 5 anni saranno disponibili in Italia, anche grazie agli ultimi incentivi governativi, circa 2,5 milioni di posti di lavoro, il 32% dei quali legati allo sviluppo o all’utilizzo di competenze digitali
Oggi in questo scenario più di un terzo delle imprese lamenta difficoltà a reperire le competenze richieste inoltre più del 40% degli occupati dichiara di non possedere le competenze coerenti con la propria professione.
Tutto questo ha a che fare con la scarsa efficenza del sistema formativo permanente ma anche con la velocità dello sviluppo tecnologico che rende obsolete le competenze tecniche apprese a scuola e fa emergere la forte integrazione delle skill tradizionali con competenze trasversali (relazionali-cognitive-comunicative).
In questo senso attualmente i profili professionali non sono più caratterizzati solo dalla forte specializzazione tecnica come in passato ma sono orientati a forme più ibride, in cui la componente tecnica si integra con quella relazionale e di business per poter affrontare in modo positivo le nuove sfide.
Oggi solo il 46% delle imprese ritiene di possedere competenze sociali e relazionali necessarie per avere successo nel mondo del lavoro.
La domanda di conseguenza si sta spostando verso un modello che combina competenze tecnico-specialistiche con competenze trasversali quali il problem solving, l’empatia, la flessibilità fondamentali per interfacciarsi efficacemente con più discipline e nei contesti organizzativi in continuo mutamento.
Si afferma dunque l’esigenza di trasformare l’offerta di istruzione -sia in ambito pedagogico che organizzativo- verso una didattica che riveda il concetto di “conoscenza” alla luce delle nuove abilità richieste. Si dovranno sviluppare modelli basati su approcci incentrati sulle competenze piuttosto che sul contenuto, spostandosi verso un’istruzione personalizzata, emozionale, multicanale che sappia mescolare i linguaggi della tecnologia con linguaggi “umanistici”.
La priorità sarà riorganizzare anche gli spazi e i tempi dell’apprendimento, attraverso una nuova didattica che utilizzi le basi neuroscientifiche al fine di prevedere soluzioni flessibili, modulari e polifunzionali in grado di soddisfare contesti diversi e facilmente configurabili in base all’attività svolta. In questo processo l’utilizzo delle tecnologie digitali potrà favorire al meglio i tempi e le modalità dell’apprendimento verso una programmazione didattica flessibile e strutturata in moduli formativi.
Tutti questi cambiamenti stanno ridisegnando il ruolo dei formatori aziendali trasformandoli in soggetti in continua evoluzione, curiosi, aperti all’ascolto e alle continue connessioni multidisciplinari. Una professione che si avvicinerà sempre di più alla mediazione “culturale” che dovrà facilitare il dialogo tra competenze diverse, organizzazioni aperte e stili di leadership orizzontali.
In questo complesso e affascinante scenario noi, come associazione, cerchiano di essere presenti in ogni contesto di apprendimento del nostro paese per raccogliere i bisogni e fare tesoro delle migliori esperienze, il premio Olivetti giunto quest’anno alla sua terza edizione ne è testimonianza attiva. Consideriamo questo premio come indirizzo valoriale di quelli che sono ancora gli attuali principi della cultura d’azienda che Adriano Olivetti ci ha donato e che costantemente promoviamo nelle organizzazioni. Questi principi, primi fra tutti il dialogo tra Impresa, Persona e Comunità, ci hanno ispirato come associazione a ideare e promuovere un ambizioso e grande progetto di comunità di apprendimento professionale in Italia: Gli Stati Generali della Formazione e del Lavoro che vi saranno presentati prossimamente.
• La disoccupazione 10,1% (settembre2018) è 2 punti sopra la media UE ma è circa il doppio della media tra i giovani fino ai 24 anni (31,6%)
Oggi solo il 46% delle imprese ritiene di possedere competenze sociali e relazionali necessarie per avere successo nel mondo del lavoro.
La domanda di conseguenza si sta spostando verso un modello che combina competenze tecnico-specialistiche con competenze trasversali quali il problem solving, l’empatia, la flessibilità fondamentali per interfacciarsi efficacemente con più discipline e nei contesti organizzativi in continuo mutamento.
La priorità sarà riorganizzare anche gli spazi e i tempi dell’apprendimento, attraverso una nuova didattica che utilizzi le basi neuroscientifiche al fine di prevedere soluzioni flessibili, modulari e polifunzionali in grado di soddisfare contesti diversi e facilmente configurabili in base all’attività svolta. In questo processo l’utilizzo delle tecnologie digitali potrà favorire al meglio i tempi e le modalità dell’apprendimento verso una programmazione didattica flessibile e strutturata in moduli formativi.