|
Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.
“pensavo fosse Amore invece era….” Attraverso la mia esperienza personale e gli studi che ho intrapreso in questi anni, ho imparato che, nella vita, le nostre convinzioni influenzano sempre le nostre decisioni e il nostro futuro, ma spesso non siamo coscienti di questo fintanto che qualcuno ci aiuta a riconoscere innanzitutto i nostri TALENTI. Anch’io, come molti, credevo che certe cose, nella vita, “ci capitano” e, se “siamo bravi” o “fortunati”, sfruttiamo questi accadimenti a nostro favore.
Ci ritroviamo a cambiare lavoro, piuttosto che intraprendere nuovi rapporti personali, ma senza sentirci veramente attori responsabili del cambiamento, e quindi spesso cerchiamo e troviamo esternamente la causa dei nostri insuccessi o della nostra insoddisfazione. Io ho scoperto i miei talenti nel 2013 e, da allora, la mia vita è radicalmente cambiata, o meglio, sono diventato consapevole che sono io che faccio la differenza nella mia vita scegliendo cosa voglio essere.
Oggi vi sono strumenti, basati su studi scientifici di neurologia e banche dati frutto di decenni di ricerche, che ci aiutano a guidare le persone alla scoperta dei propri talenti. Quante volte abbiamo sentito colleghi lamentarsi del proprio lavoro, o direttori HR che devono affrontare situazioni spinose. Mi chiedo perché non ci si affidi PRIMA, o comunque in modo strutturato, a strumenti che possono rivelarsi utilissimi, per la persona in primo luogo e PER L’AZIENDA. La redditività di un operatore e/o di un manager ha un incremento anche del 70% quando la sua job è allineata con i suoi valori e con i suoi talenti.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
E’ chiaro quindi quanto sia importante focalizzare l’attenzione sull’individuo in primo luogo, sulla consapevolezza di ciò che è, i suoi talenti, e su ciò che vuole raggiungere, i suoi valori. In questo processo le neuroscienze sono in grado, attraverso lavori individuali prima e di gruppo poi, di evidenziare questi aspetti e portare l’individuo a riconoscerli e potenziarli. Abbiamo spesso sentito parlare della differenza tra Capo e Leader, ma quanti di noi hanno realmente messo in pratica le tecniche di leadership? Ma soprattutto … qualcuno, oltre a farcele studiare, ci ha mai insegnato ad applicarle? Le neuroscienze ci insegnano che il primo modo per imparare una determinata operazione è attraverso la PRATICA QUOTIDIANA.
Tutti noi abbiamo imparato a camminare…ma nessuno ci ha spiegato come dovevamo fare…abbiamo imparato attraverso l’esperienza!!! Diventando adulti abbiamo perso questa abitudine al FARE. Ci hanno insegnato che potevamo imparare tante nozioni (ed è vero, il nostro cervello è strutturato per immagazzinare informazioni) ma nessuno, o quasi, ci ha mai spiegato, e fatto provare, che quelle che rimangono più a lungo, e che risultano più efficaci, sono quelle di cui abbiamo fatto esperienza.
Oggi il Formatore, con la F maiuscola, deve avere competenze di neuroscienze e di coaching se vuole essere davvero efficace e per guidare i discenti, di qualsiasi livello ed età, ad esprimere al meglio le proprie potenzialità. Deve pertanto avere la fiducia dei discenti ed essere in grado di farsi riconoscere come loro giuda/guru.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
Tutti noi, secondo le nostre esperienze, ideali e cultura, abbiamo avuto, nella nostra vita, figure/guru cui fare riferimento, che rispecchiassero i nostri Valori. Le neuroscienze hanno preso spunto dall’attività di MODELING, di modellamento, ovvero nella capacità di riconoscere, analizzare e replicare “comportamenti efficaci”. Ma siamo certi che i giovani di oggi (come quelli di ieri) abbiano veramente chiari i propri Valori, o piuttosto si “adeguino” alla moda del momento, a ciò che fa più tendenza? Aiutare i giovani a riconoscere il SE’ è di fondamentale importanza ed una grande responsabilità.
Soprattutto è importante insegnare che il SE’ non è individualismo ma è essere cosciente di “ciò che sono” per donare ciò che sono al gruppo (interpersonale, sociale, professionale, universale) attraverso i miei comportamenti. Ricordiamoci sempre che IL NOSTRO MODO DI COMPORTARCI è l’unico aspetto che è oggettivamente sempre sotto il nostro pieno controllo, ma è proprio il nostro modo di comportarci che agisce ed influenza il modo di comportarsi dell’altro. Formare i ragazzi al rispetto di sé pone le basi per il rispetto per l’ambiente, per “l’altro da me” e aiuta a sviluppare le dinamiche di team così care alle logiche lean-manifacturing e così efficaci nel mondo del lavoro.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.