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Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.
Il verso di una poesia di Martin Luther King recita: “Se non potete essere una via maestra, siate un sentiero”.
Ho sempre pensato che essere formatori sia un percorso senza fine di fatto, nel senso che quando si decide di intraprendere questa professione, l’apprendimento e la conoscenza devono essere sempre presenti in qualsiasi momento della propria vita professionale. Quando penso a un sentiero mi immagino un percorso in salita e che costa fatica ma che poi, quando ti fermi un attimo, ti fa apprezzare quanto cammino hai fatto e di quanto sei cresciuto. Un formatore non dovrebbe mai smettere di formarsi, e non dovrebbe mai stancarsi di essere curioso, di avere dei dubbi, di sviluppare di continuo il suo pensiero critico di fronte a nuove situazioni e nuovi scenari. Ho pensato sempre al formatore come a un maestro, ossia come a una persona che non insegna solo ciò che sa ma soprattutto ciò che sente e ciò che apprende, anche dagli stessi discenti. È necessario guidare le persone destinatarie dell’azione formativa adottando tutto ciò che può essere utile per facilitare l’apprendimento. Le organizzazioni e le aziende hanno infatti bisogno di crescere ma, prima ancora di crescere, dovrebbero essere capaci di svilupparsi. Spesso confondiamo i termini crescita e sviluppo e magari li usiamo indistintamente. In realtà lo sviluppo viene prima della crescita perché non riguarda i fattori economici, ma la cultura, i valori e le competenze dell’azienda e, in particolare, delle sue persone. Non può esserci crescita senza sviluppo e se c’è essa è destinata prima o poi a regredire.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
I formatori dovrebbero sempre aver presente ciò e ancora di più aiutare le persone, i soggetti principi della formazione, a prendere coscienza del cammino percorso e delle competenze acquisite. Per questi motivi è necessario sviluppare anche una maggiore consapevolezza, ossia sapersi guardare dentro e riconoscere in che cosa siamo cresciuti e soprattutto in che cosa siamo cambiati, perché qualsiasi sviluppo presuppone un cambiamento. Fare un bilancio di competenze è in primo luogo un percorso di autoconsapevolezza riguardo alle proprie conoscenze e, soprattutto, alle reali capacità di saperle applicare. Non si possono migliorare le prestazioni aziendali se non sappiamo mettere in campo le nostre competenze, ma non riusciremo a farlo se in primo luogo non siamo profondamente coscienti di possederle. Ma lo sviluppo delle competenze non può avvenire solo attraverso una modalità classica di formazione, deve necessariamente fondarsi su percorsi esperienziali e di apprendimento sul campo e soprattutto sulla capacità di lavorare in gruppo. Ecco perché dobbiamo saperci mettere in relazione, saper comunicare, creare affiatamento all’interno del gruppo, insomma una sorta di alleanza concepita in primo luogo come gestione efficace delle relazioni. Anche i formatori dovrebbero sempre di più diventare gestori di relazioni e in questo l’AIF ne è un esempio lampante.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
Costruire relazioni significa condividere, mettersi in contatto, appassionarsi dell’altro, e tutto questo per imparare a progettare e a costruire insieme. Ecco perché ritengo molto proficue le relazioni con persone che si occupano anche di cose molto diverse rispetto alle proprie; del resto l’innovazione è molto spesso contaminazione e da questa possono nascere situazioni creative e davvero stimolanti.
Per me alleanza è prima di tutto la capacità di saper gestire delle relazioni efficaci per sè e per gli altri, facendo in modo di trovare un reciproco vantaggio.
Ho sempre pensato che essere formatori sia un percorso senza fine di fatto, nel senso che quando si decide di intraprendere questa professione, l’apprendimento e la conoscenza devono essere sempre presenti in qualsiasi momento della propria vita professionale. Quando penso a un sentiero mi immagino un percorso in salita e che costa fatica ma che poi, quando ti fermi un attimo, ti fa apprezzare quanto cammino hai fatto e di quanto sei cresciuto. Un formatore non dovrebbe mai smettere di formarsi, e non dovrebbe mai stancarsi di essere curioso, di avere dei dubbi, di sviluppare di continuo il suo pensiero critico di fronte a nuove situazioni e nuovi scenari. Ho pensato sempre al formatore come a un maestro, ossia come a una persona che non insegna solo ciò che sa ma soprattutto ciò che sente e ciò che apprende, anche dagli stessi discenti. È necessario guidare le persone destinatarie dell’azione formativa adottando tutto ciò che può essere utile per facilitare l’apprendimento. Le organizzazioni e le aziende hanno infatti bisogno di crescere ma, prima ancora di crescere, dovrebbero essere capaci di svilupparsi. Spesso confondiamo i termini crescita e sviluppo e magari li usiamo indistintamente. In realtà lo sviluppo viene prima della crescita perché non riguarda i fattori economici, ma la cultura, i valori e le competenze dell’azienda e, in particolare, delle sue persone. Non può esserci crescita senza sviluppo e se c’è essa è destinata prima o poi a regredire.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.