STEFANO GERMAGNOLI
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Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?
È fuori di ogni dubbio che l’apprendimento sia un processo continuo, che attraversa tutta la vita del soggetto e che va ben oltre l’istruzione o altri percorsi intenzionali. Nell’apprendimento ciascun individuo crea dei legami molto stretti con l’organizzazione in cui è immerso e questo costringe a specializzare alcune parti delle proprie attitudini e competenze e, a volte, a sopprimerne altre.
Il processo è disarmonico, non lineare.
I momenti, i contenuti o le influenze che non sono intenzionali e dei quali non si è consapevoli, possono creare confusione.
La formazione è uno strumento fantastico e davvero unico, per risolvere il dilemma di sopra, perché punta ad armonizzare e far evolvere sia l’individuo che l’organizzazione in cui esso opera.
Il formatore dovrebbe perciò tenere conto di:
1. Fatti e esperienze
2. Formazione/autoformazione che usa fatti ed esperienza per costruire qualcosa di solido e stabile
3. Confronto tra la conoscenza acquisita e la necessità di reinvestire ciò che si è imparato.
Tutto questo sia guardando il singolo individuo, sia il sistema azienda in cui si muove.
Il primo compito del formatore è di aiutare l’individuo a creare connessioni per creare valore aggiunto per il discente e per l’azienda committente.
Altro fondamentale compito del formatore è far sì che la mente del discente organizzi la propria esperienza e competenza a partire dall’organizzazione in cui vive.
Le organizzazioni intelligenti usano la formazione per monitorare le proprie risorse ma anche per metterle in condizioni di creare valore.
Se le risorse sono motivate e stimolate adeguatamente alla partecipazione e all’impegno, lo faranno a vantaggio dell’organizzazione, decidendo quale parte di sé promuovere o educare per essere un valore aggiunto.
In caso contrario diventeranno elementi frenanti (nel caso di soggetti passivi) o cercheranno di uscire dal sistema (soggetti attivi), a volte, creando qualche danno.
Le tecnologie in tutto questo non devono essere viste come un elemento estraneo da “incastrare” nell’insieme. Soprattutto non per motivi di semplice convenienza economica.
Quasi tutti viviamo e “respiriamo” le tecnologie quotidianamente, grazie a computer, tablet e smartphone. La loro “naturale” presenza nella vita quotidiane non significa però che qualunque cosa vada bene.
Creare un buon corso di formazione con l’uso di strumenti multimediali, oppure mediando fra varie metodologie, è un arte che richiede competenze specifiche, esperienza, buon gusto e creatività (oltre naturalmente al background tecnico).
È una sfida, che senti davvero vinta quando crei un apprendimento motivante.
La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?
Il primo passo è prendere la consapevolezza dei processi in atto. Il MISE ha presentato il piano del governo per la competitività nello scenario dell’Industria 4.0, il Parlamento lo ha inserito nella Legge di bilancio 2017, i grandi gruppi industriali del Nord Italia da alcuni anni applicano la robotica e la gestione informatizzata dei processi amministrativi, la Ferrari usa l’augmented reality per presentare i nuovi modelli di auto … Mentre accade questo, la maggior parte dei cittadini e delle PMI fatica a capire cosa siano l’industria 4.0, l’internet of things, la manifattura additiva o la realtà aumentata.
Il primo ruolo del formatore è educare all’informazione. Siamo sommersi da fiumi di notizie futili. Organizzare dati e informazioni, saperli confrontare con altre fonti e cercare il “non detto” sono i primi requisiti dei protagonisti dell’industria 4.0.
Lo scopo della formazione non è indicare la strada o dissipare l’incertezza, ma fornire il binocolo per guardare oltre il quotidiano, il setaccio per selezione dati e informazioni e un set di blocchetti da ricomporre e riconnettere in modo creativo ogni volta che cambia lo scenario.
L’elenco non è certo esaustivo e il lavoro è immenso. Per farne fronte devono essere messi in campo strumenti tradizionali e nuove tecnologie, in perfetta armonia ed equilibrio fra di loro. La sfida per i formatori è davvero grande. Specializzarsi è importante, ma anche creare reti fra specialisti per offrire strumenti più indicati per il discente e più adeguati agli obiettivi, senza preclusioni di fondo e senza pregiudizi.
I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?
Alcune regioni italiane si sono già attivate per adattare i programmi e gli indirizzi scolastici ai cambiamenti in atto. A prescindere dalle materie però, tanti ragazzi dimostrano dei limiti operativi. Vivono in mezzo alle tecnologie e le usano con naturalezza ma inseriti dentro un’organizzazione faticano ad individuare le priorità, gli manca la costanza, la determinazione ed il senso di appartenenza all’azienda.
L’interazione spinta con strumenti elettronici toglie spazio all’interazione sociale e diminuisce le occasioni di confronto con persone e ambienti di vita reale. Il computer, lo smartphone ed i giochi online, sviluppano la velocità di reazione, ma non lasciano tempo alla riflessione. I ragazzi faticano a porsi degli obiettivi, a programmare le attività, a monitorare i processi stabilendo dei punti intermedi di verifica e ad inserire il proprio operato all’interno di una catena di valore.
Il ruolo della formazione è di metterli al contatto, il più possibile, con le sfide reali ad esempio attraverso simulazioni, come i giochi imprenditoriali che già oggi vengono promossi da alcune multinazionali. Anche quando il progetto è altamente tecnologico, il successo deve essere calcolato su elementi diversi, come il reperimento di finanziamenti, l’interazione e il passaggio di consegne all’interno del gruppo, la puntualità e la precisione, la gestione amministrativa di un’impresa e il marketing.
Qualunque conoscenza nel campo tecnologico diventa presto obsoleta e l’apprendimento è faticoso. Il ruolo della formazione è indirizzare la naturale curiosità dei ragazzi verso l’aggiornamento professionale, come fonte di soddisfazione. Se mi manca qualcosa non vado in internet e copio, ma consulto le fonti, approfondisco e costruisco la mia soluzione.
I momenti, i contenuti o le influenze che non sono intenzionali e dei quali non si è consapevoli, possono creare confusione.
Il formatore dovrebbe perciò tenere conto di:
1. Fatti e esperienze
2. Formazione/autoformazione che usa fatti ed esperienza per costruire qualcosa di solido e stabile
3. Confronto tra la conoscenza acquisita e la necessità di reinvestire ciò che si è imparato.
Tutto questo sia guardando il singolo individuo, sia il sistema azienda in cui si muove.
Altro fondamentale compito del formatore è far sì che la mente del discente organizzi la propria esperienza e competenza a partire dall’organizzazione in cui vive.
Se le risorse sono motivate e stimolate adeguatamente alla partecipazione e all’impegno, lo faranno a vantaggio dell’organizzazione, decidendo quale parte di sé promuovere o educare per essere un valore aggiunto.
In caso contrario diventeranno elementi frenanti (nel caso di soggetti passivi) o cercheranno di uscire dal sistema (soggetti attivi), a volte, creando qualche danno.
Quasi tutti viviamo e “respiriamo” le tecnologie quotidianamente, grazie a computer, tablet e smartphone. La loro “naturale” presenza nella vita quotidiane non significa però che qualunque cosa vada bene.
Creare un buon corso di formazione con l’uso di strumenti multimediali, oppure mediando fra varie metodologie, è un arte che richiede competenze specifiche, esperienza, buon gusto e creatività (oltre naturalmente al background tecnico).
È una sfida, che senti davvero vinta quando crei un apprendimento motivante.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?
Il primo ruolo del formatore è educare all’informazione. Siamo sommersi da fiumi di notizie futili. Organizzare dati e informazioni, saperli confrontare con altre fonti e cercare il “non detto” sono i primi requisiti dei protagonisti dell’industria 4.0.
Lo scopo della formazione non è indicare la strada o dissipare l’incertezza, ma fornire il binocolo per guardare oltre il quotidiano, il setaccio per selezione dati e informazioni e un set di blocchetti da ricomporre e riconnettere in modo creativo ogni volta che cambia lo scenario.
L’elenco non è certo esaustivo e il lavoro è immenso. Per farne fronte devono essere messi in campo strumenti tradizionali e nuove tecnologie, in perfetta armonia ed equilibrio fra di loro. La sfida per i formatori è davvero grande. Specializzarsi è importante, ma anche creare reti fra specialisti per offrire strumenti più indicati per il discente e più adeguati agli obiettivi, senza preclusioni di fondo e senza pregiudizi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?
L’interazione spinta con strumenti elettronici toglie spazio all’interazione sociale e diminuisce le occasioni di confronto con persone e ambienti di vita reale. Il computer, lo smartphone ed i giochi online, sviluppano la velocità di reazione, ma non lasciano tempo alla riflessione. I ragazzi faticano a porsi degli obiettivi, a programmare le attività, a monitorare i processi stabilendo dei punti intermedi di verifica e ad inserire il proprio operato all’interno di una catena di valore.
Il ruolo della formazione è di metterli al contatto, il più possibile, con le sfide reali ad esempio attraverso simulazioni, come i giochi imprenditoriali che già oggi vengono promossi da alcune multinazionali. Anche quando il progetto è altamente tecnologico, il successo deve essere calcolato su elementi diversi, come il reperimento di finanziamenti, l’interazione e il passaggio di consegne all’interno del gruppo, la puntualità e la precisione, la gestione amministrativa di un’impresa e il marketing.
Qualunque conoscenza nel campo tecnologico diventa presto obsoleta e l’apprendimento è faticoso. Il ruolo della formazione è indirizzare la naturale curiosità dei ragazzi verso l’aggiornamento professionale, come fonte di soddisfazione. Se mi manca qualcosa non vado in internet e copio, ma consulto le fonti, approfondisco e costruisco la mia soluzione.