TIZIANO BOTTERIOwner Clouds&Training |
Quale futuro per il lavoro, il suo mercato e per i lavoratori?
Potremmo considerare questa domanda quella delle 100 pistole, ma senza volerla fare troppo tragica, è interessante analizzare le categorie di chi ha un’opinione su questo cruciale argomento. Ci sono i «consulenti liberati» per i quali il futuro del lavoro segna la fine del tempo della gerarchia e che vedono nelle modalità di funzionamento delle start up un esempio ideale. Ci sono gli «iper-ottimisti» per i quali l’avvenire professionale tende a coincidere con la fine del lavoro dipendente e della scomparsa della figura del salariato a vantaggio del lavoratore come ‘free agent’. Esistono poi gli assertori del «management a tutti i costi» che preconizzano un futuro rinnovato a partire dal luogo di lavoro fino ad abbracciare un’ampia collaborazione, una reale trasversalità, un’effettiva fiducia e un’accentuata autonomia. Esistono pure i «tecno-profeti» che ci vedono già tutti sostituiti da un algoritmo o da un robot. A questi poi si aggiungono i «sociologi post 68» per i quali l’avvenire del lavoratore viene correlato alle mutazioni sociali, al ruolo degli investimenti, del capitale e dello Stato. Infine possiamo avere i fautori del NWoW (New Way of Working) per i quali il futuro lavorativo è e sarà sempre più nello Smart Working.
Detto questo (che ci è servito per clusterizzare alcune visioni del tema) sembra che l’avvenire del lavoro sia molto legato ad aspetti più individuali che collettivi. Senza essere troppo allarmisti o troppo benevoli, il futuro del lavoro ha molte probabilità di essere a metà strada tra il percorso che sembra seguire la società (autonomia, accelerazione, digitalizzazione) e i cambiamenti che la cultura delle nostre organizzazioni sono in grado di accettare (responsabilizzazione, management a distanza,…). E qui si apre una finestra molto importante: il management del futuro. Una via che deve integrare almeno 5 grandi direttrici, perché mai come in questo momento è necessario un pensiero strategico ad ampio raggio:
1. La Tecnologia (robotizzazione e sua democratizzazione)
2. L’Economia (instabilità, concorrenza, ambiente e risorse)
3. La Società (autonomia individuale, educazione e formazione di qualità, crescita delle ineguaglianze)
4. La Demografia (invecchiamento della popolazione, convivenza generazionale)
5. Le Istituzioni (regolamentazioni, modelli sociali)
Le criticità generali sono evidenti, ma non altrettanto sono le modalità cui farvi fronte, sempre più a cavallo tra iniziative locali e globali e sempre più dipendenti dall’integrazione delle menzionate direttrici. Dobbiamo però anche ammettere alcune «verità» che non sempre sono gradite e popolari. Una fra queste è quanto ha scritto Bernard Stiegler: l’impiego è morto, viva il lavoro! Un’affermazione carica di significato metaforico e non. Un’affermazione che ci induce a pensare ad un valore del lavoro differente.