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Matteo Andreone

Categories: AIF,Interviste

  

MATTEO ANDREONE

Training e Development Lead – ACLI Lombardia

Che vantaggi può offrire la Gamification a livello esperienziale?

Studi scientifici nel campo delle scienze psicologiche e della formazione confermano che si comunica più efficacemente e si impara più velocemente quando gioco, umorismo e autoironia sono coinvolti nel nostro percorso di apprendimento. Non è ovviamente una coincidenza: la comunicazione umana, così come l’apprendimento, si sviluppano con il gioco a partire dalla prima infanzia. Questo perché le attività ludiche sono un’area dell’esperienza umana in cui possiamo sbagliare e ridere dei nostri errori, scoprire noi stessi e gli altri, comprendere i nostri limiti e punti di forza, correggerci e migliorare con un approccio positivo e accomodante.

Per sviluppare la capacità di considerare gli errori come uno strumento di apprendimento fondamentale, è molto importante sperimentare, collaborare e competere senza che ciò provochi perdita di autostima o di motivazione.

Il gioco funge da metafora-paracadute, aprendosi per prevenire i traumi e permetterci di esplorare senza paura di sbagliare. Attraverso tentativi falliti e la realizzazione della nostra incapacità di compiere un’azione specifica o di svolgere un determinato lavoro in un’area sicura e di conforto, abbiamo la possibilità di conoscerci meglio. Il gioco può aiutarci a migliorare la nostra professionalità dandoci un’idea di quali siano le regole, con cosa abbiamo a che fare e cosa possiamo fare bene, con un “bonus senza conseguenze”.

C’è poi la parte agonistica, che molte esperienze ludiche ci consentono di sperimentare in un ambiente le cui regole sono stabilite dall’inizio e uguali per tutti. Attraverso la gamification, vale a dire la metafora attiva e partecipativa della nostra azione professionale, è possibile procedere, migliorarsi e migliorare la squadra con la quale agiamo, solo nel rispetto delle regole prestabilite. Laddove anche la trasgressione alla regola può essere realizzata solo nella piena conoscenza e applicazione della stessa.

 

Quali strategie un’azienda oggi può adottare per il Well-Being della persona?

Una delle curiosità più interessanti per i sociologi e gli studiosi di organizzazioni sociali è capire se e quanto il singolo possa influenzare l’ambiente circostante o se non sia piuttosto sempre l’organizzazione a influenzare e modellare il comportamento e l’azione dei singoli che ne fanno parte. Sicuramente i due elementi si influenzano a vicenda in misura diversa a secondo dei momenti e delle occasioni: è più semplice che insieme creino una “rain forest” unica e irriproducibile in altri contesti e con altri individui.

Del tutto naturale quindi che il Well-Being in azienda possa essere generato solo grazie ai due fattori concomitanti, quello organizzativo e quello umano. E se il primo può essere agevolato dall’azienda attraverso pratiche etiche, la creazione di un ambiente più accogliente e “utilizzabile” e una gestione più umana dell’operatività, il secondo fattore inerisce direttamente la competenza personale.

Lo Smart Working richiede infatti convergenza di intenti tra azienda e lavoratore, senza la quale ogni attività messa in atto dalla prima e ogni disposizione comportamentale del secondo non sarebbe sufficiente a garantire benessere durante il lavoro.

Il well-being non dipende solo da una condizione favorevole esterna ma è una forma di intelligenza e, insieme, una competenza personale e acquisibile da parte del singolo individuo attraverso esercizio e allenamento individuale e collettivo. L’obiettivo è attivare le risorse utili per acquisire flessibilità emotiva e comportamentale, per adattarsi a qualsiasi situazione e per incentivare lo sviluppo dell’immaginazione e della creatività.

Occorre un percorso personale per portare alla ribalta e neutralizzare possibile rabbia, aggressività, disagio, gelosie, rancori, superficialità, egotismo, avvilimento e scarsa stima di se. Tali negatività stanno alla base delle difficoltà di relazione, nella vita privata come nel proprio lavoro, della mancanza di motivazione e di malessere ambientale.

Lo sviluppo del benessere come competenza personale invece, consente di ritrovare, indipendentemente dall’ambiente circostante, la naturale propensione al sorriso interiore e di stimolare un coinvolgimento motivato e motivante in azienda, senza farsi influenzare troppo dalle possibili difficoltà contingenti e accogliendo con resilienza e duttilità comportamentale ogni cambiamento e ogni innovazione.


 

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