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Tiziana Sinibaldi

Categories: AIF,Interviste

TIZIANA SINIBALDI

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HR Training and Development Consultant

Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?

Come Bauman ci insegna, la società è diventata liquida. E di fronte a questa realtà, la parola d’ordine, a mio avviso, non è solo “essere” ma anche, soprattutto, “divenire”. Il formatore riveste oggi non solo il ruolo di facilitatore, accompagnatore della persona alla ricerca del proprio saper essere, ma deve essere anche colui che trasmette la visione del saper divenire. Come? Attraverso approcci metodologi in continua metamorfosi, così come l’essenza e lo spirito di chi li propone, il formatore-facilitatore, appunto. Questi approcci, così come gli strumenti utilizzati, non possono essere ricondotti ad un mero elenco o stipati dentro una sorta di cassetta, cristallizzati e mantenuti immobili. Sono modellati di volta in volta in relazione a variabili diverse, prime fra tutte la creatività, propria di ciascun gruppo di apprendimento, alle meravigliose sinapsi create dall’incontro di individui diversi, in ambienti differenti. Situazioni non uguali ma in qualche modo simili, perché in tutte il formatore ha un obiettivo comune: stimolare la formazione, nella sua doppia accezione, quella greca e quella latina. Non c’è quindi una ricetta unica da seguire alla lettera, perché il piatto non è mai preparato nello stesso modo, ma è arricchito ogni volta dal tocco personale di ogni team di chef che lo rende unico. In alcune occasioni sarà una prelibatezza, in altre meno, ma sarà sempre un’esperienza di apprendimento unica e preziosa. A patto, però, che sia concreta, condivisa e partecipata. Sono queste le parole chiave, le stesse che guidano oggi le aziende che adottano strategie organizzative di successo.

 

La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?

Il tema dell’uso corretto e sensato delle tecnologie è ricorrente, se ne discute da anni e rappresenta un processo in continuo divenire. Le tecnologie hanno avuto, e hanno tuttora, un ruolo fondamentale nel cambiamento di scenario sociale ed economico, è noto a tutti. Ad oggi, però, sono molte le persone che ne hanno timore o le evitano, così come altrettante sono quelle che ne abusano. Un po’ come accade nel film “Beata ignoranza”, focalizzato sul tema della dipendenza da social: da un lato c’è il personaggio interpretato da Giallini, restio all’uso di qualsiasi dispositivo tecnologico, dall’altro Gassmann completamente assuefatto e dipendente dai social. Il focus è sull’esperimento antropologico che costringe entrambi a ribaltare le proprie abitudini: il primo è costretto ad apprendere l’uso di pc, smartphone e social e l’altro che deve allontanarsi dal mondo virtuale. Si innestano così in ciascuno dei protagonisti comportamenti nuovi e inaspettati che si riflettono nello scenario sociale e lavorativo di entrambi. E’ proprio questo il cuore della formazione: innescare un cambiamento individuale reale che permetta un arricchimento ed una crescita legate al una consapevolezza del divenire altro, non una persona diversa ma arricchita di nuovi saperi. Gli strumenti tecnologici a disposizione di noi formatori sono moltissimi ed estremamente affascinanti per le potenzialità che offrono. Quale formatore, ad esempio, davanti alla continua evoluzione delle tecnologie VR non si è interrogato ed ha fantasticato sulle loro possibili applicazioni per offrire un’esperienza di apprendimento di tipo immersivo? L’abilità però sta nel non abusarne, nel saperli utilizzare correttamente, proponendoli in relazione al contesto ed agli obiettivi che si vogliono raggiungere e mettendo sempre la persona in condizione di utilizzarli efficacemente, consapevole del fatto che sono strumenti e nulla valgono senza l’apporto creativo e la visione strategica della mente umana.

 

I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?

Problem solving, pensiero critico e creatività sono soft skill ricercate già da qualche anno. Su queste tematiche si sono tenuti numerosissimi corsi di formazione, attraverso approcci metodologici diversi, dall’aula tradizionale al connubio formazione e teatro, alla formazione outdoor e così via. I risultati di una recente indagine condotta da Manpower Group, intitolata “Skills Revolution” scardinano la credenza diffusa che i robot ruberanno posti di lavoro, al contrario! Evidenziano che l’automazione e la digitalizzazione del lavoro creeranno nuova occupazione. Ed in questo nuovo scenario del mercato saranno necessarie creatività, agilità e “learnability”, cioè il saper apprendere sempre, continuamente ed in qualsiasi contesto sociale e lavorativo. Ciò riporta inevitabilmente al tema del coinvolgimento concreto, partecipe e consapevole della persona, quale soggetto attivo dell’apprendimento. Anche questo non è di per sé una novità, ma spesso è un aspetto sottovalutato. La formazione utile, indipendentemente dall’approccio metodologico adottato, sarà quella governata da queste tre parole, progettata e definita di concerto con tutti i suoi protagonisti.


 

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