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Ermes Siorini

Categories: AIF,Interviste

ERMES SIORINI

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Counselor professionista e coach

Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?

Viviamo in un periodo storico ove i cambiamenti avvengono con una velocità maggiore e con una complessità più “articolata” rispetto a 20, 30 anni or sono.
Negli anni ’70 e ’80 molte persone iniziavano e terminavano la loro carriera professionale con la stessa mansione migliorando solo l’esperienza.
Oggi molti lavoratori sia come dipendenti sia come liberi professionisti cambiano più volte il loro ruolo professionale; e questo accade all’interno della stessa azienda oppure perché hanno intrapreso collaborazioni professionali con altri datori di lavoro.
A tutto ciò si aggiunge la necessità di acquisire e governare in tempi brevi un maggior numero d’informazioni rispetto al passato perché la concorrenza è “globalizzata” e il confronto competitivo soprattutto in ambito tecnologico è diventato molto sfidante.
Queste variabili descritte e figlie del 21° secolo sono aspetti del nostro “qui e ora” che un formatore deve aver ben presenti per immaginare e realizzare dei percorsi formativi capaci di dare delle risposte efficaci alle esigenze dei lavoratori del nostro tempo.
Per fare quanto sopra descritto, è importante porsi le domande giuste.

E la prima domanda che mi pongo è: chi è un lavoratore?
E’ una persona!
E la persona che svolge un ruolo professionale in un’organizzazione aziendale com’è facilitata a star bene?
Perché è importante far star bene prima la persona che il lavoratore?
Se un individuo sta bene porta in dote al “ruolo di lavoratore” molte risorse utili a se stesso e all’azienda!
Se invece una persona vive in un contesto organizzativo-professionale che si prende cura solo del “lavoratore” o della tecnologia trascurando la “persona” si rischia di generare in azienda un clima e delle dinamiche relazionali non propriamente positive e poco funzionali a far emergere il meglio del professionista/lavoratore/collaboratore in questione.

Che cosa fare?
Prima di individuare gli strumenti è utile capire la “cultura” aziendale e osservare se al centro dell’organizzazione ci sta concretamente la “persona”!
E per far questo ho imparato nel contesto delle piccole e medie aziende, quanto sia efficace e importante lavorare da subito con l’imprenditore e i suoi primi riporti!

Come?
Con un percorso di coach-counseling che consente al responsabile di un’organizzazione di osservarsi e osservare la propria realtà lavorativa da un’altra prospettiva!
In sintesi il cambiamento deve partire dal vertice di un’organizzazione affinché i massimi responsabili di un’azienda possano maturare la convinzione che per ottenere un futuro desiderato a volte è necessario:
– cambiare lo scopo aziendale,
– far nascere una nuova identità aziendale condivisa con tutti i dipendenti/collaboratori,
– sviluppare nuovi valori individuali e di team più efficaci ed efficienti,
– generare nuove capacità individuali e di team,
– far emergere nuovi comportamenti professionali e di team capaci di aumentare le performance di tutti,
– lavorare in un ambiente che mette al centro la persona e che grazie a quanto sopra descritto, favorisce un atteggiamento professionale interno ed esterno funzionale al raggiungimento degli obiettivi pianificati!
Ho imparato che questo percorso è fondamentale per migliorare un’azienda in senso lato e questo avviene quando la formazione è erogata in modo esperienziale e con un pool di professionisti portatori di esperienze diverse e che messe in “sinergia” possono offrire a un’organizzazione, un “input” di consapevolezza che la orienta a vedere la realtà da un punto di vista più “arricchente”!
Il processo di cambiamento organizzativo e tecnologico che ci sta conducendo verso l’industria 4.0 si focalizza secondo il mio punto di vista troppo sugli aspetti “materiali”, (la tecnologia) e poco su coloro che devono usarla, (le persone/professionisti/lavoratori).
Gli strumenti usati da un formatore per supportare l’evoluzione delle organizzazioni, facilitano lo sviluppo di percorsi esperienziali volti a migliorare lo star bene delle persone/dipendenti, le relazioni tra gli individui, le loro performance, il lavoro di squadra e la loro vision e mission aziendale.

Come?
Con la programmazione neuro linguistica (PNL) e le tecniche di coaching esperienziale rivolte a tutti gli attori di un’azienda, (dirigenti quadri e dipendenti o imprenditori, collaboratori e dipendenti); con lo sviluppo dell’intelligenza emotiva; con adeguate tecniche per migliorare la qualità della vita lavorativa e del benessere aziendale; tutto ciò ha un effetto concreto e attiva un vero cambiamento perché tutta l’organizzazione viene messa nelle condizioni di condividere un modo nuovo di vivere l’azienda e il rapporto col mercato!
Un percorso formativo esperienziale svolto da un pool di professionisti portatori di “sapere” diverso facilita un imprenditore a investire per diventare:
– un coach leader capace di entrare in empatia con i propri collaboratori,
– un coach leader capace di coinvolgere e guidare concretamente i propri dipendenti con riconoscimenti anche apparentemente semplici come una telefonata, una mail in sintesi la famosa “pacca sulla spalla” perché tali comportamenti sono indice di gratificazione, di attenzione e di rispetto verso coloro che ogni giorno svolgono un’attività professionale per la propria azienda.
Se un percorso formativo esperienziale porta a questo primo risultato utilizzando la PNL ciò facilita in un contesto organizzativo, lo sviluppo tra tutti i dipendenti della cultura di “essere e sentirsi coach”!

E ciò cosa favorisce?
I dipendenti comprendono l’importanza di:
– ascoltare e fornire i giusti feedback al team e ai singoli colleghi;
– di tirar fuori il meglio di se stessi e di dare valore al loro agire;
– di valorizzare il gioco di squadra;
– di diffondere e rispettare ancor di più i valori aziendali;
– di comprendere come il risultato di un lavoro di squadra è superiore rispetto alla somma delle singole attività individuali;
– di apprendere l’importanza della meritocrazia grazie a politiche concrete attuate dall’azienda per favorire tale processo culturale;
– di essere “produttori” e “consumatori” d’idee per crescere tutti assieme;
– di favorire la condivisione dei casi di successo;
– di apprendere dai colleghi più “performanti” i loro schemi di pensiero, di motivazione, di linguaggio al fine di agire per migliorarsi;
– di sentirsi fieri di appartenere a tale gruppo.

I percorsi formativi esperienziali hanno lo scopo di:
– mettere al centro la persona e migliorare la sua qualità della vita,
– migliorare le performance della persona nel ruolo di lavoratore,
– migliorare il lavoro di squadra,
– migliorare le relazioni,
– migliorare l’intelligenza emotiva,
– migliorare l’organizzazione aziendale e il rapporto con i cambiamenti tecnologici,
– migliorare il benessere aziendale,
– migliorare il welfare aziendale,
– creare nuove reti sociali e lavorative per generare delle sinergie tra l’azienda, gli istituti superiori e l’università e altri partner commerciali per essere più innovativi e appetibili nel mercato di riferimento.
Le aziende che introducono queste “novità” sono orientate, in base alla mia esperienza, ad abbracciare più di altre il successo e a capitalizzare nel migliore dei modi i propri investimenti!


 

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