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Sergio Cabigiosu

Categories: AIF,Interviste

SERGIO CABIGIOSU

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Professional experiential Trainer and Coach on Leadership, Teamwork and Teambuilding

Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?

“Spesso commette un’ingiustizia non solo colui che fa qualcosa, ma anche colui che non la fa” e dicendo così Marco Aurelio, nell’antica Roma, avrà certamente pensato anche ai portatori di istruzione, a quelli che oggi chiamiamo i “formatori”. In un mondo che avanza ad una velocità di 4G il formatore che interpreta bene il suo ruolo deve essere in grado di mediare tra due forze contrapposte. Da un lato, quella di “fermare” il tempo e regalare ai suoi discenti un momento di stacco dall’agire, di pausa dalla frenesia, di astrazione dal quotidiano, nel quale potersi fermare e dedicare qualche ora della propria vita a riflettere sul senso che le cose stanno prendendo, ridonare lucidità e riscoprire i valori che stanno alla base delle scelte di ogni individuo. Dall’altro lato, quella di “riprendere” il dominio sulla tecnologia, conoscendo le basi di funzionamento degli strumenti che ha in mano e che piano piano hanno invaso tutti gli spazi del quotidiano. Dominare vuol dire sfruttare le potenzialità che la tecnologia offre, come la rapidità di spostamento, la quantità di informazione, gli automatismi lavorativi e prendere consapevolmente la parte che aiuta a svolgere la propria attività lavorativa (ma anche non) con una maggiore facilità.
Quindi i metodi a disposizione del formatore oggi sono quelli della valorizzazione dell’esperienza, in tutte le sue accezioni. E ne cito qualcuna, “valorizzare l’esperienza” oggi significa per un formatore, conoscere il proprio ruolo e i metodi di facilitazione che gli consentano di interagire con i partecipanti sullo stesso livello, senza “montare in cattedra”. “Valorizzare l’esperienza” anche nel senso di mettere il partecipante con la sua vita, la sua professionalità e le sue esperienze, appunto, al centro del corso e costruirci intorno un ambiente di apprendimento che prende il via proprio da queste e riporti ogni cosa detta, vista o fatta nel corso a modificare, in modo più o meno consistente, propria quella realtà. “Valorizzare l’esperienza” significa anche saper usare le tecnologie per poter sfruttare i diversi ancoraggi che una buona esperienza formativa può dare, come video, foto, ma anche commenti a caldo o a posteriori sui social. Piuttosto che slide evocative e dispense interattive, che tengano il partecipante ancora attivo anche dopo il corso.

 

La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?

L’OMS ha sancito nel 2014 la volontà che nell’istruzione venissero apprese delle competenze che permettessero di crescere delle teste “ben fatte”. Con questa accezione si intendeva la capacità di organizzare il pensiero, ossia fare previsioni, prendere decisioni e risolvere i problemi. Bene in un mondo che si avvia verso l’industria 4.0, dove la tecnologia è GIÀ nelle nostre mani ogni momento della nostra giornata, il formatore ha il dovere di essere un esempio di utilizzo consapevole degli strumenti tecnologici. Dedicando sempre una parte del corso all’aspetto valoriale dell’individuo e al senso che l’uso di una macchina dotata di intelligenza artificiale DEVE avere per non perdere il significato profondo della vita. La coltivazione dello spirito, che poi è alla base di molte tecniche di mindfulness, oggi tanto diffuse nel mondo della formazione, non è altro che un richiamo a mantenere la consapevolezza su quale sia il motivo ultimo perché ad un Uomo serva un’intelligenza artificiale.

 

I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?

G.B. Vico diceva: “l’ordine delle idee deve procedere secondo l’ordine delle cose.” E secondo questa affermazione è preoccupante che tutti i giorni spopolino titoli di giornali e affermazioni da bar, che oggi ormai sono sullo stesso livello, che in Italia “non c’è lavoro”. In un mondo che cambia non è possibile approcciare al lavoro come dopo la seconda guerra mondiale e aspettarsi un posto fisso, o peggio, un contratto a tempo indeterminato. Le cose sono cambiate, ma non le idee. La formazione odierna, secondo me, deve tenere conto di questo e cominciare molto prima il proprio corso sulla formazione comportamentale e di sviluppo personale. I ragazzi andrebbero cresciuti nelle loro competenze soft e nella loro attitudine allo sviluppo personale, già a partire dalle superiori. E ove questo non accada, ogni formatore ha il compito di integrare il proprio corso con questi aspetti. Solo le persone che avranno assunto un punto di vista diverso al termine di un corso potranno definirsi “formate”. Ed in questo la responsabilità al formatore di usare tutte gli strumenti in suo potere per regalare questo nuovo paio di occhiali a tutti i suoi partecipanti, sapendo che un adulto mette in discussione il proprio punto di vista soprattutto se si scontra con un’esperienza che incrina le sue certezze. L’augurio è quindi, riprendendo le parole di Proust, che ogni formatore analizzi, progetti ed eroghi (in una parola “viva”) il corso come un viaggio di scoperta per i propri partecipanti non verso nuovi mondi, ma verso “nuovi occhi”.


 

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