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Sergio Demarchi

Categories: AIF,Interviste

SERGIO DEMARCHI

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Giornalista professionista, comunicatore

Micro e macro interagiscono costantemente generando motivazioni, impegno e partecipazione della persona. Per questi motivi il formatore deve sperimentare sempre più approcci sistemici e strumenti innovativi, anche associando differenti discipline. La formazione è sempre più esperienziale, e il luogo ideale dove generare apprendimenti in grado di produrre cambiamenti personali e professionali coerenti con le dinamiche di sviluppo dello scenario socio-economico e le esigenze competitive delle organizzazioni.
Quali sono i metodi e gli strumenti a disposizione del formatore in grado di migliorare l’interazione tra scenario sociale e competitivo, organizzazione e persona al fine di arrivare alla giusta comprensione delle dinamiche economiche e industriali, all’uso consapevole della tecnologia e al corretto sviluppo personale?

Trovo questa riflessione molto interessante, infatti sempre di più nei contesti dove ci troviamo a lavorare siamo di fronte a macrocosmi e microcosmi organizzativi. Spesso sono vere e proprie realtà “glocalizzate”, globali e locali al contempo. In questo tipo di organizzazioni trovo sia molto importante la ricchezza della singola persona, intesa come humanitas, quindi come propria potenzialità intellettiva, anche se può accadere che questo processo possa portare a derive individualistiche che esulano dal discorso del gruppo di lavoro glocalizzato.

 

La terza rivoluzione industriale, nel 1970, ha segnato la nascita dell’informatica. La data d’inizio della quarta rivoluzione industriale non è ancora definita, probabilmente perché è tuttora in corso e solo a posteriori sarà possibile identificarne l’atto fondante. La moltiplicazione della complessità è una delle caratteristiche dell’innovazione, per cui di fronte a una tecnologia sempre più amichevole e familiare, ci si confronta con un’incertezza continua che rende complesso identificare il senso e la direzione del cambiamento. Ci avviamo verso un futuro in cui intelligenza artificiale, robotica e persone interagiranno nelle nostre organizzazioni.
In questo contesto quali metodi e strumenti possono essere utilizzati nella formazione professionale per facilitare un inserimento sensato e un uso consapevole di tecnologie abilitanti fondamentali per l’internazionalizzazione e la realizzazione di Industria 4.0?

Mi piace immaginare le nuove tecnologie all’interno dei contesti aziendali come strumento a disposizione dei singoli, in modo da dare la possibilità di un coinvolgimento attivo nella progettazione, che possano favorire co-creation innovative. Naturalmente le nuove tecnologie come i big data sono già entrate profondamente nei contesti aziendali, permettendo di interpretare la realtà, rivelandosi molto utili anche in contesti formativi.

 

I giovani si trovano di fronte a nuove e importanti sfide che prospettano rischi e opportunità. La trasformazione digitale ha portato un cambiamento della natura stessa del lavoro che causerà un inevitabile riassestamento della società. In settori storici stanno scomparendo numerosi posti di lavoro mentre altri segmenti di mercato vivono un momento fiorente sollecitando la continua ricerca di nuove figure professionali. Cambiano di conseguenza le competenze e le abilità ricercate: nel 2020 il problem solving rimarrà la soft skill più ricercata, ma rivestiranno altrettanta importanza il pensiero critico e la creatività da impiegare per attività di co-progettazione e co-sperimentazione di prodotti o servizi innovativi.
Quale formazione ritiene utile per supportare l’evoluzione delle organizzazioni e lo sviluppo di nuova occupazione?

La funzione di una figura professionale in grado di calarsi in realtà aziendali, comprenderne la situazione e le carenze proponendo soluzioni innovative, è sempre molto importante. Ora si può svolgere un’analisi dei processi e delle competenze utilizzando piattaforme tecnologiche profilate che uniscono aspetti umani con altri di tipo organizzativo. Penso però che nelle nuove generazioni esista, come dice il formatore Giorgio Viarengo: “un’entropia relazionale, quasi una delega tecnologica”, per esempio vedo ragazzi sempre connessi al telefonino che non si parlano mai fra di loro.


 

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