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Simona Battistella

Categories: AIF,Interviste

  

SIMONA BATTISTELLA

Risorse Umane – Formazione – Progettazione della formazione – Selezione

Che vantaggi può offrire la Gamification a livello esperienziale?

Lo strumento conosciuto come Gamification ha molteplici sfaccettature, ma occorre a mio parere applicarlo in modo consapevole. La procedura che sta dietro questo tipo di strategia di engagement, prevede infatti una perfetta conoscenza dell’obiettivo che ci si vuole porre applicandola e ciò può avvenire solo a seguito di un’attenta analisi dei fabbisogni. Se questi presupposti sono soddisfatti, lo strumento potrà risultare più efficace. Non occorre però dimenticare anche il follow up: se si prescinde da un’attività di debriefing strutturata a seguito dell’applicazione della gamification ad un determinato processo, si rischia di vanificare gli sforzi fatti. Si tratta di un’attività che va pianificata e monitorata durante tutta la sua esecuzione.

Se applicata seguendo queste regole i vantaggi possono però essere molteplici: 1) l’acquisizione quasi inconsapevole di contenuti, che con un processo di apprendimento tradizionale incontrerebbero resistenze; 2) l’emersione di una competizione positiva, naturalmente scaturita dal clima meno formale; 3) la conquista della vera “person centricity”, spesso ipotizzata ma non sempre applicata. Un fattore che a mio parere potrebbe far riscontrare maggiore interesse è sicuramente il concetto del “…to be continued”: oltre il debriefing, prevedere una sorta di “gioco a puntate”, una periodicità nell’uso dello strumento, potrebbe accattivare ulteriormente i soggetti coinvolti.

 

Quali strategie un’azienda oggi può adottare per il Well-Being della persona?

Credo che nell’era della Digital Transformation non si possa prescindere da politiche mirate ad un benessere delle risorse aziendali: si sono esaurite le “scuse” per non mettere in pratica una policy che consenta al dipendente di “stare bene” in azienda. Le azioni di Well Being possono essere gestite in modo sia sincrono che asincrono (possono riguardare benefici di cui fruire durante l’orario lavorativo o al di fuori di esso) e l’era digitale supporta pienamente questa opportunità.

Lo Smart Working riveste un ruolo quasi di “trait d’union” tra il tradizionale concetto di lavoro, con una postazione fissa all’interno dell’azienda, e un concetto di lavoro più “liquido”, svincolato dalla necessaria presenza precedente.

A mio parere lo Smart Working può avere un ottimo impatto per entrambe le parti, ma solo se si riconoscono le regole non scritte che lo governano. Alla base dell’efficacia di questo strumento c’è dal lato azienda una forte fiducia nei confronti del dipendente, e da parte del dipendente un forte senso di responsabilità: se viene a mancare uno di questi due requisiti, il processo sarà fallimentare

 

Quali competenze saranno richieste dalle aziende nel futuro mercato del lavoro?

Il concetto di change management è ormai trasversale a qualsiasi ambito lavorativo e a qualsiasi contesto occupazionale. In precedenza le risorse erano portate a considerarlo solo in caso di cambio di lavoro, dovuto spesso ad una chiusura dell’azienda in cui avevano lavorato per decine di anni. Oggi non è più così: come non esiste più la formazione con un inizio e una fine, ma solo una formazione continua, così la cultura del cambiamento è e sta diventando sempre più parte del processo di crescita di una risorsa in azienda, qualcosa da cui non è possibile prescindere.

Nel mercato del lavoro 4.0 occorre introiettare la capacità non tanto di adattarsi a nuovi contesti lavorativi, ma di essere protagonisti attivi del cambiamento, di essere propositivi e non più passivi fruitori, occorre adottare una visione più aperta e flessibile nei confronti di un’azienda in continuo movimento ed in continua trasformazione.

Per facilitare questo processo è necessario che la rivoluzione in atto nel “sistema azienda” coinvolga più attivamente anche il “sistema scuola”: occorre che già negli anni dedicati all’apprendimento, si esca dalle vecchie e rigide impostazioni per aprirsi a quello che il mercato del lavoro sta richiedendo.

In parte sta già avvenendo, ma a mio parere non abbastanza, perché il divario tra domanda e offerta di lavoro è ancora troppo ampio: se ad esempio un’istituzione scolastica esperta di marketing continua ad utilizzare i vecchi programmi, a non formare ed aggiornare i suoi docenti in un’ottica di marketing strategico e polifunzionale, come possiamo aspettarci che una volta usciti da quell’istituzione le risorse siano in grado di gestire una cultura del cambiamento?


 

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