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Maria Rosaria Delle Cave

Categories: AIF,Interviste

  


MARIA ROSARIA DELLE CAVE


Formatrice Professionista in Comunicazione & Relazione

Milanese ma Romana d’adozione, è laureata in Scienze dei Processi Formativi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Formatrice aziendale e individuale in soft skills per APL e aziende pubbliche e private. Counselor sistemico-relazionale aziendale e individuale. Facilitatrice in tecniche olistiche.

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

Con il termine Sentiero la mente vola all’immagine di una stradina in montagna, appena accennata o ben evidenziata. Segno che qualcuno prima di noi c’è già passato. Certo è che tra un sentiero poco battuto e uno più evidente, la scelta potrebbe cadere facilmente su quello che qualcun altro ha già percorso precedentemente e, da quanto è segnato bene, si può anche supporre che molti son passati di lì. È un dato che può fare la differenza nella scelta del sentiero da percorrere perché, in un certo senso, ci mette più al “sicuro”. Ma non è detto che un percorso fatto da altri possa andare bene anche per noi.

Il sentiero di montagna ti porta a vivere il silenzio, a sentire con maggior ardore ogni rumore che accade dentro e fuori di noi… ecco il segreto! Ascoltare e ascoltarsi. Ascoltare il peso che ogni passo ha su quel sentiero e assaporarne il valore che porterà alla nostra esperienza, al nostro cambiamento. Imboccare un sentiero presuppone l’aver con sé la giusta “cassetta degli attrezzi”, ma anche abbandonarsi a quella sana adrenalina che attiva la curiosità e ci spinge ad andare oltre. Così è esattamente la formazione: Ogni percorso formativo è sempre un nuovo inizio di un sentiero che non si sa mai con precisione come si concluderà ma, di certo, in qualunque modo andrà, sarà un’esperienza che ci avrà arricchito perché, come ha scritto Thérèse Jacobs-Stewart, “I sentieri si tracciano camminando e le nostre stesse orme sono la strada. La si può vedere solo gettando uno sguardo dietro le spalle”.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

Essere nel qui e ora ci permette di comprendere cosa accade nel momento presente dentro e fuori di noi, di mettersi in discussione e imparare a conoscerci accettandosi per come si è consapevoli che si può sempre modificare qualcosa. Le tecniche olistiche sono strumenti di introspezione e proiezione capaci di portare la persona in viaggio all’interno di sé e di visualizzarne limiti e potenziale da impiegare.

Il qui e ora obbliga ad una visione vicina, immediata di ciò che accade ora. Porta l’attenzione al “chi sono io oggi”, a fare il punto della situazione dei sentieri sin qui percorsi: quali competenze ho acquisito? Quali ancora da acquisire? Conosco le mie emozioni? So dar senso ai miei atteggiamenti? Quali sono i miei talenti? E, soprattutto, li sto esprimendo tutti? E come chiede sempre Padre Giovanni Marini ai suoi corsi di formazione “sono consapevole di essere un gioiello?!”

Consapevolezza è mettere le mani in pasta e modellare consapevolmente…perché ogni vita è vocazione!

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

La prima importante alleanza è con sé stessi. E credo che la generazione Z questo concetto l’abbia già, in un certo qual modo, incorporato ecco perché si danno il permesso di “spostarsi”, quasi naturalmente, verso l’altro. Sono proiettati nel fare alleanze, ne comprendono l’importanza immediatamente.

Fare alleanza è aprire la porta di casa propria e invitare ad entrare l’altro mettendogli a disposizione la propria conoscenza ed esperienza e confrontarsi, per arricchirsi e costruire.

Processi formativi che nascono dal particolare per giungere al generale: così è la squadra. Così si trasforma la forza di ogni azione singola nell’ azione vincente del gruppo. Così come Tutti diventano uno nel gioco di squadra, così si è chiamati ad essere nel mondo del lavoro. “La squadra” è una metafora che genera sempre forti sentimenti di partecipazione e condivisione perché gioire insieme del risultato raggiunto è più bello del gioire da soli.

La formazione ci insegna questo: allenare il singolo affinché abbia gli strumenti giusti per imparare a giocare nel gruppo, perché “la forza del gruppo è maggiore della somma dei singoli”.


 

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