ANDREA BELLINA
Tutor and HR at Afol Sud Milano |
L’innovazione tecnologica sta trasformando le relazioni umane, e il cambiamento è stato percepito anche all’interno delle organizzazioni e delle aziende con cui collaboriamo. La formazione deve innovare metodi, strumenti e spazi al fine di valorizzare la persona in un contesto sempre più digitalizzato. Quali sono i principali cambiamenti da realizzare? Il cambiamento porta con sé elementi positivi? e quali?
Gli scenari che si stanno profilando all’orizzonte vertono sempre più in direzione di una profonda trasformazione dei processi industriali.
La quarta rivoluzione industriale più comunemente conosciuta come “Industria 4.0, è ormai alle porte e si prefigge di modificare drasticamente i processi industriali e i posti di lavoro, introducendo forme di personalizzazione degli stessi.
Le stesse relazioni umane all’interno dei contesti lavorativi e le forme comunicative che le sostengono saranno ricalibrate e adeguate alle nuove tecnologie e ai loro linguaggi.
L’aggiornamento continuo delle competenze, il cosiddetto life long learnign non sarà più sufficiente se non verrà accompagnato da integrazione e visione prospettica.
Alla luce di tutto questo, la sfida consiste nel rimanere al passo dei cambiamenti che abbiamo innescato ormai tempo addietro, ma la velocità con cui essi si generano e rigenerano rischia di superarci inesorabilmente. Sarà inevitabile delegare i principali processi lavorativi all’automazione con il rischio di non avere più il controllo diretto. D’altro canto, saremo sgravati da meri compiti di routine con la possibilità per ognuno di dare luogo alla creatività e all’ingegno.
I sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di imparare prospettando nuove forme di vita, cioè entità sensienti di cui non possiamo prevedere, né tanto meno guidare, lo sviluppo. Come questo processo di rapido sviluppo tecnologico, che riguarda la produzione dell’intelligenza collettiva si può legare a etica e valorizzazione della cultura nei processi organizzativi aziendali? In che modo la formazione può supportare la persona affinché possa contribuire all’innovazione senza subirla passivamente?
Lo sviluppo tecnologico a cui stiamo assistendo e che sta modificando in maniera sottile ma sensibile la cultura e l’etica valoriale di fondo, potrebbe portarci a rivedere individualmente e collettivamente i processi decisionali riguardanti la sfera privata, pubblica e professionale, oramai sostanzialmente legate e intrecciate tra loro. Saremmo costretti a ripensare le nostre competenze e ad adattarle alla cultura digitale.
Le competenze digitali diventeranno fondamentali , se già non lo sono ora, per non essere tagliati fuori dai processi organizzativi e per non essere esclusi dalla collettività e dalla socialità.
La formazione sarà chiamata a ricoprire un ruolo ancora più importante, se essa sarà in grado di innescare nelle persone una presa di coscienza delle dinamiche trasformative in atto e saprà valorizzare le attitudini personali in comportamenti organizzativi adeguati ai nuovi contesti lavorativi. Tali contesti saranno sempre più mobili, fluidi e permeabili alle contaminazioni che derivano dalla cultura digitale e dovranno essere in grado di coinvolgere tutti nei processi decisionali. Pertanto le persone dovranno diventare per prime propositrici e farcitrici di innovazione tramite uno scambio continuo di informazioni. La formazione dovrebbe essere in grado di agire sul substrato culturale e valoriale di ognuno di noi, in modo che diventi naturale partecipare attivamente alla creazione di un’etica condivisa. I processi formativi, sin dai loro primi passi, dovrebbero sostenere l’individuo nell’accesso e utilizzo degli strumenti digitali di base, azzerando il digital divide, lavorando al contempo sul creare una “forma mentis” plastica capace di accogliere l’innovazione e sfruttarne le opportunità di miglioramento che essa ci offre nel rispetto e nei limiti di ciò che a livello di intelligenza collettiva verrà di volta in volta condiviso come eticamente giusto e rispettoso dei valori universali insindacabili.
Ieri hai detto domani. Oggi i giovani sono il futuro della nostra società, la crisi e la scarsità di investimenti rischiano di contrapporre la dimensione personale della realizzazione del sé a quella della competitività delle imprese e dei territori. In che maniera la formazione potrà far conciliare questi due estremi enfatizzando i valori strategici dell’impresa con la valorizzazione della persona nella sua essenza? In che modo la formazione può costruire una situazione ideale in azienda generando entusiasmo e partecipazione?
I pilastri da cui dovremmo partire per costruire una società piena e realizzata sono scricchiolanti e poco tutelati ;i giovani infatti, futuri protagonisti del domani ma agenti già nel qui e ora, si ritrovano poco coinvolti nei processi decisionali e con orizzonti valoriali nebulosi.
Il loro percorso di realizzazione e valorizzazione del sé passa attraverso strade tortuose e fangose.
Le imprese per essere competitive però non potranno fare a meno di loro, assurti ormai a protagonisti in molti paesi del mondo dove sono diventati la platea più rappresentativa. Nei mercati e territori emergenti, ma non solo, vengono visti ancora solamente come potenziali consumatori e fruitori passivi.
Non si capisce o non si vuole comprendere che il coinvolgimento pieno e attivo dei giovani come attori consapevoli e costruttori di nuove idee, forti della freschezza e rapidità neuronale che li accompagna, porterà beneficio e linfa vitale alle imprese in affanno e arroccate su loro stesse.
E qui ritorna in gioco la formazione come trait d’union tra le passioni e attitudini dei giovani e i bisogni aziendali sempre più complessi e articolati.
Una formazione personalizzata, attenta a raccogliere e incanalare le pulsioni creative, orientandole verso quei mestieri e quelle professionalità emergenti. Una formazione che dovrà conciliare il sapere manuale con quello concettuale, immaginifico. Si perché il lavoratore realizzato del domani sarà colui che praticherà lavori dove verrà richiesta una manualità digitale specifica , specializzata ma che non andrà lontana se non sarà accompagnata dalla capacità di leggere i contesti e gli scenari in cui si è immersi e i loro possibili sviluppi.
I giovani come artigiani digitali, creatori e produttori di conoscenza.; perché il prodotto del loro intervento impatterà e trasformerà le vite del domani, perché saranno immersi loro stessi per primi nel brodo digitale e sperimenteranno sincronicamente e non più diacronicamente gli effetti del loro agire.
Lo sviluppo tecnologico a cui stiamo assistendo e che sta modificando in maniera sottile ma sensibile la cultura e l’etica valoriale di fondo, potrebbe portarci a rivedere individualmente e collettivamente i processi decisionali riguardanti la sfera privata, pubblica e professionale, oramai sostanzialmente legate e intrecciate tra loro. Saremmo costretti a ripensare le nostre competenze e ad adattarle alla cultura digitale.
Le competenze digitali diventeranno fondamentali , se già non lo sono ora, per non essere tagliati fuori dai processi organizzativi e per non essere esclusi dalla collettività e dalla socialità.
La formazione sarà chiamata a ricoprire un ruolo ancora più importante, se essa sarà in grado di innescare nelle persone una presa di coscienza delle dinamiche trasformative in atto e saprà valorizzare le attitudini personali in comportamenti organizzativi adeguati ai nuovi contesti lavorativi. Tali contesti saranno sempre più mobili, fluidi e permeabili alle contaminazioni che derivano dalla cultura digitale e dovranno essere in grado di coinvolgere tutti nei processi decisionali. Pertanto le persone dovranno diventare per prime propositrici e farcitrici di innovazione tramite uno scambio continuo di informazioni. La formazione dovrebbe essere in grado di agire sul substrato culturale e valoriale di ognuno di noi, in modo che diventi naturale partecipare attivamente alla creazione di un’etica condivisa. I processi formativi, sin dai loro primi passi, dovrebbero sostenere l’individuo nell’accesso e utilizzo degli strumenti digitali di base, azzerando il digital divide, lavorando al contempo sul creare una “forma mentis” plastica capace di accogliere l’innovazione e sfruttarne le opportunità di miglioramento che essa ci offre nel rispetto e nei limiti di ciò che a livello di intelligenza collettiva verrà di volta in volta condiviso come eticamente giusto e rispettoso dei valori universali insindacabili.
I pilastri da cui dovremmo partire per costruire una società piena e realizzata sono scricchiolanti e poco tutelati ;i giovani infatti, futuri protagonisti del domani ma agenti già nel qui e ora, si ritrovano poco coinvolti nei processi decisionali e con orizzonti valoriali nebulosi.
Il loro percorso di realizzazione e valorizzazione del sé passa attraverso strade tortuose e fangose.
Le imprese per essere competitive però non potranno fare a meno di loro, assurti ormai a protagonisti in molti paesi del mondo dove sono diventati la platea più rappresentativa. Nei mercati e territori emergenti, ma non solo, vengono visti ancora solamente come potenziali consumatori e fruitori passivi.
Non si capisce o non si vuole comprendere che il coinvolgimento pieno e attivo dei giovani come attori consapevoli e costruttori di nuove idee, forti della freschezza e rapidità neuronale che li accompagna, porterà beneficio e linfa vitale alle imprese in affanno e arroccate su loro stesse.
E qui ritorna in gioco la formazione come trait d’union tra le passioni e attitudini dei giovani e i bisogni aziendali sempre più complessi e articolati.
Una formazione personalizzata, attenta a raccogliere e incanalare le pulsioni creative, orientandole verso quei mestieri e quelle professionalità emergenti. Una formazione che dovrà conciliare il sapere manuale con quello concettuale, immaginifico. Si perché il lavoratore realizzato del domani sarà colui che praticherà lavori dove verrà richiesta una manualità digitale specifica , specializzata ma che non andrà lontana se non sarà accompagnata dalla capacità di leggere i contesti e gli scenari in cui si è immersi e i loro possibili sviluppi.
I giovani come artigiani digitali, creatori e produttori di conoscenza.; perché il prodotto del loro intervento impatterà e trasformerà le vite del domani, perché saranno immersi loro stessi per primi nel brodo digitale e sperimenteranno sincronicamente e non più diacronicamente gli effetti del loro agire.