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Andrej Bandieri

Categories: AIF,Interviste

  


ANDREJ BANDIERI


Mental coach , Maestro con frequentazione quasi trentennale di Jujitsu ed arti marziali , impegnato anche presso un Oasi del WWF da oltre un quindicennio.

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

I sentieri sono le vie principali di qualsiasi uomo e della sua evoluzione, il sentiero e la fucina della sfida soprattutto quando il sentiero viene aperto per la prima volta, esplorando nuovi punti di vista, ampliando l’immagine e l’orizzonte dell’uomo.

La montagna è un esempio lampante della sfida nell’uomo e della ricerca del superamento dei propri limiti. Dire quali siano gli strumenti migliori lo ritengo difficile in quanto gli stessi strumenti materiali e psicofisici hanno subito un’evoluzione interna nei tempi e lo stesso utilizzo può variare dal fattore esperienziale e delle potenzialità dell’individuo, per cui quale ricchezza può portare un individuo all’interno di un’azienda e quali fattori possiede l’azienda nel completare il percorso professionale, esattamente le stesse dinamiche che si incrociano quando una spedizione si appresta a un’avventura verso l’obiettivo comune, ma contornato da piccoli bisogni e obiettivi individuali.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

Le antiche tecniche di benessere psico-fisico come detto sono ancora giovani nell’approccio occidentale in merito al settore aziendale o imprenditoriale, con una leggera maggiore esperienza invece nel settore sportivo, soprattutto nel campo delle arti marziali.

La difficoltà maggiore non è la curiosità dell’approccio a nuove tecniche che possano portare contemporaneamente una maggiore efficienza e un maggiore benessere interiore del vissuto ambiente lavorativo. L’ostacolo maggiore ritengo sia la capacità di continuazione nel medio e lungo periodo nell’osservanza del nuovo stile per diverse ragioni. Il primo è una naturale pigrizia del nostro cervello a un ritorno delle vecchie abitudini seppure poco “sane”. Un’altra è la mancanza di continuità dopo anche stage aziendali nel seguire le linee guida sul medio lungo periodo disperdendo energie e tempo inutilmente, una “pigrizia” che non esclude la partecipazione di alcun livello aziendale, imprenditoriale, quasi che alcuni lo considerano forse più una questione di immagine e non di possibile reddito. Gli sportivi in particolare i marzialisti più avvezzi nell’applicazione di queste tecniche, abituati ad avere un immediato raffronto della performance insegnano che c’è bisogno di una costante giornaliera consapevolezza di questi metodi.

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

L’esempio di Greta Tumberg nasconde dei paradossi che conosco in altre situazioni. Da Consigliere di un Oasi WWF ed impegnato in altri gruppi di lavoro a contatto con i giovani confermo un’alta preoccupazione ed interesse verso i temi ambientalisti ed animalisti espressi in vari contesti di comunicazione, per contro nonostante una sensibilità acuta già presente in giovane età, molte delle associazioni o enti collegati ad essi presentano una bassa presenza materiale atta ad assumersi degli impegni, non entro troppo nella questione seppure penso di aver individuato alcune lacune in questo campo.

Ora nel settore lavorativo soprattutto globalizzato come oggi senza un unità di collaborazione che va dalle singole aziende alle loro Associazioni di Categoria non si va lontano, ma neppure ritengo l’individualismo negativo in sé, in quanto la sua motivazione i suoi bisogni e desideri portano la forza che serve al gruppo. Esempio Cristiano Ronaldo con il suo individualismo e la sua leadership e alquanto spiccante, desidera il pallone e quando lo possiede vuole fare una giocata vincente, ha l’obiettivo di segnare più reti possibili ma lavora in funzione con la condivisione degli obiettivi della squadra e della società, nello stesso tempo vedo Carlo Pinsoglio terzo portiere di una squadra, il ruolo più sfortunato per possibilità di presenza, vivere le emozioni della partita e anche sui social media come se fosse un titolare fisso, se non come un tifoso dietro di lui. Quindi può l’individualismo con i suoi bisogni, desideri, e obiettivi essere coadiuvante di un gruppo soprattutto qualora la società è basata su solide basi di empatia, capacità, etica e una visione chiara.