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Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.
Come possono le aziende attraverso i loro reparti HR supportare adeguatamente le nostre scelte in una ottica di “incubator” delle attitudini personali, per farci individuare il giusto sentiero? Quali sono gli strumenti che aiutano le persone a trovare i migliori percorsi formativi volti a valorizzare le proprie attitudini e competenze?
Sentiero: possibilità di avanzare, di pensare oltre il qui ed ora, di immaginare un là e allora! Futuro, motivazione, evoluzione
Durante i miei dodici anni di coaching in azienda ho avuto modo di osservare le varie relazioni esistenti tra i reparti HR e le persone su di essi orbitanti. Molto spesso ho constatato che uno strumento poco utilizzato, anche se molto apprezzato, è il semplice Ascolto, quello con la A maiuscola. Quello che non è solo un modo per sentire le lamentele o le richieste di una persona “x”, ma è un vero canale di comunicazione che consente di stabilire una reale connessione tra chi ascolta e chi esprime un bisogno. Già! Un bisogno… Ascoltare i bisogni delle persone, ascoltarli fino in fondo per comprendere i loro obiettivi, i loro traguardi sperati. Poi si negozia, lo so, è ovvio, ma la persona deve potersi esprimere fino in fondo per poter tracciare il proprio sentiero professionale all’interno dell’azienda, non deciso da altri, ma come protagonista della propria crescita.
Hr raccoglie i bisogni e i progetti personali (se vi sono) e chi di competenza (coach esterno, hr per formazione e sviluppo) supportano la persona nella costruzione del “sentiero” di crescita. Ciò non vuol dire che si debba necessariamente pensare ad una escalation di carriera lampo, vuol dire, a mio parere, che l’azienda favorisce la crescita della persona in termini di soddisfazione nel potersi arricchire di nuove conoscenze (che probabilmente saranno le future competenze trasversali o tecniche). Il sentiero non corrisponde dunque solo ad un percorso di carriera verticale, ma anche ad un percorso interiore che arricchisce e stimola la motivazione interna e del team
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Possono le pratiche di Mindfulness essere un valido aiuto nella consapevolezza dello stato psico-fisico quale fattore fondamentale per il miglioramento della cultura organizzativa aziendale?
Il tema della consapevolezza è un punto caldo in ambito di sviluppo e di crescita personale. È il punto focale da cui partono molti percorsi e molte decisioni. Un sostantivo apparentemente difficile da definire che contiene in sé tanto spessore in termini di concretezza che rimanda alla piena percezione di se stessi. Raggiungere un grado di consapevolezza rispetto al proprio bagaglio di competenze e/o di potenzialità possedute è un vantaggio immenso in un percorso di crescita individuale. Ma come si arriva a tale risultato? Con quali strumenti si può ottenere un buon livello di consapevolezza di sé? E soprattutto, può una persona autonomamente riuscire a diventare consapevole? Ritengo che sia necessario uno strumento che agevoli il processo, che favorisca un avvicinamento a 360° della persona ad un grado più elevato di attenzione verso se stessi, in primis, e il proprio entourage, di conseguenza. Qual è questo strumento?
La mindfulness, sicuramente. Oramai è verificato che una formazione limitata all’acquisizione di sole nozioni e informazioni, ma che poi non sia in grado di migliorare le prestazioni individuali e le relazioni all’interno dell’azienda, in quanto non ci sono cambiamenti del modo di essere e di agire dei collaboratori, è considerata una formazione priva di un contenuto importante e determinante del vero cambiamento, dunque è solo dispendio di risorse e di tempo. Ecco che la mandifulness fa il suo ingresso in azienda e le viene attribuito un ruolo di “armonizzatore” della mente, che consente di far emergere i reali bisogni dell’individuo e far vedere attraverso nuovi occhi. È un modo per star bene a partire dal rapporto con noi stessi e con gli altri. La mindufulness è uno strumento per amplificare la connessione con gli altri, per migliorare la comunicazione con se stessi, per aprirsi al sentire e per riconoscere la voce interiore legata ai nostri bisogni.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
Quali sono quindi i percorsi formativi che si potranno mettere in pratica per supportare i giovani che entrano nella dimensione organizzativa lavorativa, dove necessariamente si dovranno favorire l’attivazione di atteggiamenti di cooperazione e collaborazione nei rapporti interpersonali e di gruppo, superando le individualità del singolo?
Una parola estremamente significativa, ricca di energia che rimanda forza dell’unione, alla cooperazione, al vero e profondo concetto del team. Ogni team è però costituito da singoli elementi, che necessariamente devono aver compiuto entrambi i passaggi precedenti, per chiudere il cerchio. L’immagine che mi suggerisce questa parola è un cerchio chiuso e perfetto, è un’unità di valori ed intenti che guardano tutti verso lo stesso obiettivo, lo stesso traguardo. Ogni singolo membro di un team, per essere pronto a vivere un’esperienza forte ed avvincente è chiamato a conoscersi, a conoscere il suo percorso personale e a prepararsi all’accoglienza degli altri con un bagaglio emotivo ed empatico ben strutturato. Questo passaggio consentirà i grandi risultati, i grandi livelli raggiunti sotto il segno dell’alleanza, del lavoro condiviso, del “NOI”.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.