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Luca Baroni

Categories: AIF,Interviste

  


LUCA BARONI


Dopo avere fatto il fotografo e collaboratore agli eventi e, in seguito, l’educatore con persone con disturbi psichici, nel 2002 inizio a lavorare come formatore e orientatore presso Enti di formazione, Agenzie per il lavoro e Istituti d’Istruzione Superiore.
Nel 2007 inizio un’attività come realizzatore di contenuti, soprattutto video nell’ambito del Terzo Settore.
Attualmente svolgo entrambe le attività, pur essendo quella di formatore e orientatore quella che a oggi considero la principale.

Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
 
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.

Quando ero un ragazzino, insieme alla mia famiglia trascorrevo le vacanze estive a Livigno. Una delle mie passioni, a quei tempi, era quella dei minerali e dei fossili, che avevo iniziato a collezionare, ma senza mai andare a cercarli di persona. Quando seppi che, in una montagna di Livigno, si trovava una pietraia piena di fossili, mi entusiasmai. Così, alcune delle nostre escursioni, consistevano nell’arrivare a quella montagna e nel cercare, con scalpello e tutto il resto, i fossili. L’iter era più o meno questo: auto parcheggiata all’inizio di un sentiero in piano; percorso di quel sentiero fino a un punto nel quale si prendeva un altro sentiero, che si inerpicava in alto, dentro un bosco; discesa del sentiero verso la riva di un fiume; guado del fiume; arrampicamento sul lato ripido e sassoso della montagna alla ricerca di fossili (ne ho trovati di molto interessanti, nel tempo).

Già allora avevo accumulato la passione per la montagna, i sentieri e i boschi: ci andavo fin da piccolo. Però l’energia che mi muoveva, durante quelle escursioni, era la meta: la pietraia dove cercare i fossili. Meta che, avendo trovato un fossile sin dalla prima volta, aveva dato prova di rappresentare qualcosa di concreto: non solo un contenitore di desiderio, ma anche della sua probabile – e provata – realizzazione.

Quindi, secondo me, ogni percorso formativo che voglia essere efficace deve strutturarsi su due principi: la passione e la meta, l’obiettivo finale. La passione senza meta è energia senza direzione, la meta senza passione è direzione senza energia.

 
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.

Secondo me, due sono i punti decisivi che fanno della Mindfulness una pratica importante all’interno di qualsiasi contesto organizzativo.

– La focalizzazione sul presente, quando effettiva e intensa, rappresenta un potente aiuto a un lavoro di squadra coordinato, completo ed efficiente. Infatti, in questo modo le energie vengono concentrate sugli aspetti operativi e concreti, senza le interferenze emotive e relazionali che molte volte sono di intralcio al raggiungimento di un obiettivo comune.

– Al tempo stesso, lo stato di attenzione e vigilanza raggiunto attraverso la pratica della Mindfulness non nega o nasconde le emozioni ma, anzi, ne permette una gestione consapevole e volta a forme di collaborazione produttive al di là dei differenti punti di vista.

 
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.

Secondo me la parola chiave è “valori”. Individuare dei valori condivisi significa fornire ai giovani una fonte di energia che li porta verso uno o più obiettivi comuni. Naturalmente questi valori sono anche i valori dell’organizzazione, o almeno alcuni di essi, e gli obiettivi verso i quali conducono hanno un diretto impatto sulla vita produttiva e gestionale dell’organizzazione stessa. Però, benché questo sia un aspetto fondante, dovrebbe rimanere come una sorta di musica di sottofondo, lasciando ai valori in sé, e ai percorsi verso i quali conducono, il primo piano.