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Quest’anno la riflessione che vorremmo proporre riguarda il nostro lavoro quotidiano e più nello specifico tre parole:
La prima parola è sentiero, inteso come percorso quotidiano di sviluppo e conoscenza.
Con una frequenza sempre più alta si alza come vox clamantis in deserto l’allarme, inascoltato che viene dalle aziende, dalle associazioni di categoria e dai mass media sul problema dello skill mismatching. Su questo tema manca ogni consapevolezza da parte della società civile e, che è molto peggio, delle organizzazioni in cui si realizzano i contesti formali di apprendimento: a meno di eccezioni, Scuola e Università non sono adatte a sviluppare competenze che possano facilitare l’inserimento attivo nel mondo del Lavoro.
La questione è già ora molto seria ed è destinata a inasprirsi ulteriormente in concomitanza di nuove sfide, vecchi problemi mai risolti e opportunità non colte: il turnover legato ai pensionamenti dei baby boomer, la fuga dei cervelli, l’internazionalizzazione, l’automazione e la digitalizzazione.
Secondo recenti stime di Confindustria, nel prossimo triennio si renderanno disponibili quasi 200 mila posti di lavoro in diversi settori, ma almeno un terzo delle figure cercate risulteranno introvabili!
Lo scenario è davvero catastrofico ed è necessario mettere in campo qualsiasi mezzo per mitigarlo. Il principale baluardo è quello rappresentato dalla formazione continua sul lavoro, che sta intervenendo non solo sulle aree più “di moda” (dalle intramontabili competenze trasversali e benessere sul lavoro, alle esotiche mindfulness, intelligenza emotiva, agile management), ma sta ritornando anche alla tradizione dell’aggiornamento delle competenze tecnico-professionali.
Tuttavia la formazione continua rappresenta un doppio costo per le aziende che, da un lato, devono pagare i professionisti della formazione e, dall’altro, togliere temporaneamente i lavoratori dalla produzione.
Per questo sono fondamentali le possibilità da parte del Pubblico di sostenere la formazione continua: in molte Regioni, purtroppo molte volte all’insaputa delle aziende, è possibile far finanziare la formazione sul lavoro attraverso il Fondo Sociale Europeo, i Fondi Paritetici Interprofessionali o altri fondi.
Queste opportunità devono essere attivate, facilitate, mantenute e incrementate. A questo scopo, non solo è necessario rinnovare costantemente la “triplice alleanza” tra lavoratori in formazione, formatori e committenza, ma dobbiamo anche avere la possibilità di esplorare nuove forme di collaborazione tra formatori e formatori, e formatori ed enti di formazione.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Dovremmo riuscire a convincere il decisore politico su quanto potrebbe essere utile e interessante avere la possibilità di sperimentare, anche nella formazione, modelli organizzativi “liquidi”, che possono essere mutuati dalle professional services firm: organizzazioni fondate sul capitale intellettuale che non vendono prodotti ma conoscenza, e si dedicano alla realizzazione di progetti formativi, in stretta relazione con le aziende e nell’ottica di massimizzare efficacia ed efficienza e, nel caso della formazione finanziata, di assicurare la massima percentuale di rimborso delle spese sostenute.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.
Per raggiungere questi obiettivi abbiamo la necessità di riconoscerci come categoria professionale, valorizzare i traguardi che abbiamo raggiunto in passato, costruire la nostra identità e affrontare con coraggio e una sola anima le sfide che ci aspettano in futuro.
Lo scenario è davvero catastrofico ed è necessario mettere in campo qualsiasi mezzo per mitigarlo. Il principale baluardo è quello rappresentato dalla formazione continua sul lavoro, che sta intervenendo non solo sulle aree più “di moda” (dalle intramontabili competenze trasversali e benessere sul lavoro, alle esotiche mindfulness, intelligenza emotiva, agile management), ma sta ritornando anche alla tradizione dell’aggiornamento delle competenze tecnico-professionali.
Tuttavia la formazione continua rappresenta un doppio costo per le aziende che, da un lato, devono pagare i professionisti della formazione e, dall’altro, togliere temporaneamente i lavoratori dalla produzione.
La seconda chiave è il qui ed ora, la consapevolezza, intesa come conoscenza delle proprie competenze.
Infine il cardine su cui si svolge la nostra vita, anche professionale, l’alleanza.