PIERALDA PASSIONE
Project manager Formaper |
L’innovazione tecnologica sta trasformando le relazioni umane, e il cambiamento è stato percepito anche all’interno delle organizzazioni e delle aziende con cui collaboriamo. La formazione deve innovare metodi, strumenti e spazi al fine di valorizzare la persona in un contesto sempre più digitalizzato. Quali sono i principali cambiamenti da realizzare? Il cambiamento porta con sé elementi positivi? e quali?
L’innovazione tecnologica ha favorito l’organizzazione all’interno delle aziende molto spesso confondendo la componente umana con quella delle macchine. Non a caso Einstein scriveva in tempi (ancora) non sospetti che “le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno”. Oggi lo sviluppo tecnologico in azienda necessita di una riflessione che pone, in un contesto in forte evoluzione, il tema della formazione alle persone come centrale nel futuro aziendale.
Sempre di più la formazione deve orientarsi verso un futuro in cui il contesto iper-digitale, dove l’informazione si muove a tempo zero, si contrappone all’originalità del processo creativo umano che deve poter “scegliere” tra le diverse opzioni disponibili.
C’è un’accelerazione che va gestita nella contrapposizione dei tempi della macchina e delle persone adeguando le velocità d’assimilazione e regolandole sulle specificità personali che non sono tutte uguali.
Il paradosso formativo si spinge sempre di più verso la necessità di assimilare capacità iper-tecnologiche mantenendo fortemente le capacità manuali e creative dell’uomo primitivo; una condizione di super-efficienza che deve necessariamente confrontarsi con la capacità d’adattamento a situazioni che la tecnologia spesso non prevede.
I cambiamenti da realizzare devono essere principalmente rivolti all’implementazione di capacità cross-over della disponibilità tecnologica che qualifichino le risorse umane come portatori di visioni problem-solving nello specifico ruolo aziendale.
Questo cambiamento porta con se la ri-qualificazione dei soggetti che amplificano il ruolo partecipativo nelle politiche di sviluppo e di finalità dell’azienda come parti attive di un team.
I sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di imparare prospettando nuove forme di vita, cioè entità sensienti di cui non possiamo prevedere, né tanto meno guidare, lo sviluppo. Come questo processo di rapido sviluppo tecnologico, che riguarda la produzione dell’intelligenza collettiva si può legare a etica e valorizzazione della cultura nei processi organizzativi aziendali? In che modo la formazione può supportare la persona affinché possa contribuire all’innovazione senza subirla passivamente?
La crisi dei mercati globali a cui stiamo assistendo è, in parte, figlia di un processo di sviluppo accelerato promosso da una prospettiva di crescita economica infinita e in parte figlia di uno utilizzo sempre più spinto di algoritmi che gestiscono in un millesimo di secondo compravendite di titoli azionari e che decidono, a volte, i destini delle nazioni.
In un mondo regolato da numeri non c’è forse più bisogno di una flessibilità che coniughi dati e sapienza? Le macchine oggi scelgono non per noi ma per un mondo che gli abbiamo descritto e che non potrà essere migliore o peggiore di quello dato. La formazione può essere artefice di un processo di cambiamento che solo l’uomo è in grado di fornire con la sua esperienza, che non è l’esperienza di un singolo uomo ma delle genti che hanno abitato il pianeta fin dai primordi. C’è una coscienza globale di etica e valorizzazione della cultura che va assunta con responsabilità e applicata ai modelli di formazione per distinguere tra mezzo e fine.
La formazione, può supportare la persona affinché non subisca l’innovazione passivamente rendendo efficienti le reti di comunicazione, siano esse tecnologiche o personali imparando a riconoscerla e verificarle attraverso la capacità di valutazione e d’esperienza sulla quale vale per tutte la citazione di Umberto Eco: “Una volta un tale che doveva fare una ricerca andava in biblioteca, trovava dieci titoli sull’argomento e li leggeva; oggi schiaccia un bottone del suo computer, riceve una bibliografia di diecimila titoli, e rinuncia”.
Ieri hai detto domani. Oggi i giovani sono il futuro della nostra società, la crisi e la scarsità di investimenti rischiano di contrapporre la dimensione personale della realizzazione del sé a quella della competitività delle imprese e dei territori. In che maniera la formazione potrà far conciliare questi due estremi enfatizzando i valori strategici dell’impresa con la valorizzazione della persona nella sua essenza? In che modo la formazione può costruire una situazione ideale in azienda generando entusiasmo e partecipazione?
In tempi di grande crisi oggi i giovani sono il futuro a cui guardano con una certezza tutta racchiusa nello smartphone che tengono costantemente in mano, un feticcio di garanzia per l’appartenenza ad un gruppo e nella disponibilità di sapere che racchiudono nella mano. La tecnologia è nel loro DNA ma i rischi sono quelli del Villaggio Globale prefigurati cinquant’anni da McLuhan e ripresi da E. Caruso nel suo libro “Comunico quindi esisto, l’importanza della comunicazione nella crescita dell’impresa”. Oggi i giovani devono invertire la competizione con i media “freddi” aumentando la propria partecipazione in una prospettiva che, da un lato, deve colmare l’allontanamento dal predominio tecnologico dei dispositivi e dall’altro, soprattutto, indirizzare il loro uso verso l’amplificazione dei rapporti reali che essi stessi tendono a generare esponenzialmente.
Oggi la valorizzazione del “se” può essere promossa attraverso la moltiplicazione delle reti di comunicazione amplificando i rapporti con imprese e territori, utilizzando le tecnologie per una resa partecipativa del soggetto che diventa strumento indispensabile per la crescita imprenditoriale; in questo senso si possono valorizzare le persone nella propria essenza enfatizzando i valori strategici dell’impresa.
Oggi la formazione può diventare, con la sua molteplicità di modalità e sfumature, la situazione ideale per far crescere gli strumenti che abbiamo già a disposizione e che ci rifiutiamo, talvolta, di utilizzare al di fuori dei canonici schemi ai quali ci siamo oramai assuefatti. In questo modo la formazione può generare quell’entusiasmo e quella partecipazione che spesso può essere sinonimo di meraviglia.
La crisi dei mercati globali a cui stiamo assistendo è, in parte, figlia di un processo di sviluppo accelerato promosso da una prospettiva di crescita economica infinita e in parte figlia di uno utilizzo sempre più spinto di algoritmi che gestiscono in un millesimo di secondo compravendite di titoli azionari e che decidono, a volte, i destini delle nazioni.
In un mondo regolato da numeri non c’è forse più bisogno di una flessibilità che coniughi dati e sapienza? Le macchine oggi scelgono non per noi ma per un mondo che gli abbiamo descritto e che non potrà essere migliore o peggiore di quello dato. La formazione può essere artefice di un processo di cambiamento che solo l’uomo è in grado di fornire con la sua esperienza, che non è l’esperienza di un singolo uomo ma delle genti che hanno abitato il pianeta fin dai primordi. C’è una coscienza globale di etica e valorizzazione della cultura che va assunta con responsabilità e applicata ai modelli di formazione per distinguere tra mezzo e fine.
La formazione, può supportare la persona affinché non subisca l’innovazione passivamente rendendo efficienti le reti di comunicazione, siano esse tecnologiche o personali imparando a riconoscerla e verificarle attraverso la capacità di valutazione e d’esperienza sulla quale vale per tutte la citazione di Umberto Eco: “Una volta un tale che doveva fare una ricerca andava in biblioteca, trovava dieci titoli sull’argomento e li leggeva; oggi schiaccia un bottone del suo computer, riceve una bibliografia di diecimila titoli, e rinuncia”.
In tempi di grande crisi oggi i giovani sono il futuro a cui guardano con una certezza tutta racchiusa nello smartphone che tengono costantemente in mano, un feticcio di garanzia per l’appartenenza ad un gruppo e nella disponibilità di sapere che racchiudono nella mano. La tecnologia è nel loro DNA ma i rischi sono quelli del Villaggio Globale prefigurati cinquant’anni da McLuhan e ripresi da E. Caruso nel suo libro “Comunico quindi esisto, l’importanza della comunicazione nella crescita dell’impresa”. Oggi i giovani devono invertire la competizione con i media “freddi” aumentando la propria partecipazione in una prospettiva che, da un lato, deve colmare l’allontanamento dal predominio tecnologico dei dispositivi e dall’altro, soprattutto, indirizzare il loro uso verso l’amplificazione dei rapporti reali che essi stessi tendono a generare esponenzialmente.
Oggi la valorizzazione del “se” può essere promossa attraverso la moltiplicazione delle reti di comunicazione amplificando i rapporti con imprese e territori, utilizzando le tecnologie per una resa partecipativa del soggetto che diventa strumento indispensabile per la crescita imprenditoriale; in questo senso si possono valorizzare le persone nella propria essenza enfatizzando i valori strategici dell’impresa.
Oggi la formazione può diventare, con la sua molteplicità di modalità e sfumature, la situazione ideale per far crescere gli strumenti che abbiamo già a disposizione e che ci rifiutiamo, talvolta, di utilizzare al di fuori dei canonici schemi ai quali ci siamo oramai assuefatti. In questo modo la formazione può generare quell’entusiasmo e quella partecipazione che spesso può essere sinonimo di meraviglia.